di TONY DAMASCELLI – Ci sono notizie che non ti colgono impreparato. Eppure resti sorpreso come se si trattasse di una prima volta, inaspettata.
Aperta un’inchiesta su Lapo Elkann, trovato con tre, quattro grammi di cocaina. E’ accaduto tra Portofino e Santa Margherita, Lapo è stato multato per velocità eccessiva e poi fermato per questa storia, una delle cento che riguardano la sua vita.
Aveva annunciato di essere uscito dal buio, di avere trovato il modo di restare in piedi, di avere vinto la famosa battaglia, di non trovare più rifugio in quella cuccia maligna, così aveva detto nelle interviste, rivelando anche di un’infanzia acida, segnata da privilegi, noti, e da violenze, oscure, alibi a quello che è poi accaduto. Si è impegnato nel sociale, ha creato la Lapo Foundation portando viveri, cibo, pasta, pomodori e altro alle famiglie in difficoltà e ai bambini ammalati. Sembrava l’inizio di un nuovo Lapo, di un altro Lapo. Ma la sua Terrazza Sentimento continua a essere aperta, Lapo non riesce a fuggire da se stesso, ricorre alle bugie che sono anche patetiche e infantili, anche se mai gravi, senza il fetore della menzogna di altri complici in malaffari di sesso e di droga. Ha sempre pagato clamorosamente, nessuno della corte del re gli ha offerto aiuto vero, anzi, secondo usi e costumi della casa reale, lo hanno infine lasciato solo, a occuparsi del nulla, ma con addosso gli occhi di tutti, come accadde a suo zio Edoardo.
Quest’ultima modica quantità è come il disegno animato di chi ravana con le mani dentro il vasetto della marmellata, dopo aver svuotato il frigorifero e la ghiacciaia e tutta la cambusa, spiccioli di vita spericolata perché ormai il tempo è andato e non si può andare oltre, avendolo già abbondantemente sorpassato.
La notizia non provoca nemmeno rabbia, semmai stimola la malinconia per un uomo fragile, che pochi giorni fa ha voluto condividere questa debolezza nel necrologio dedicato all’amico Diego Armando, ricordando, insieme con l’affetto, anche e soprattutto le dipendenze. Dunque la debolezza, la resa, la fragilità. lo sfinimento non per scelta ma per abbandono, il getto della spugna per kappaò.
Non è ancora così, si spera, basta il nome per spiegare il resto, Lapo e basta, evitando di aggiungere il cognome pesante, considerato il ruolo e l’impresa, quella non onirica, di suo fratello John.
La procura di Genova ha trovato il suo quarto d’ora di celebrità, l’indagine è in corso, si arriverà all’archiviazione, il caso è chiuso, perchè si tratta di uso personale. Nessun reato, ma è proprio l’uso personale ad apparire più pesante.
Lapo tornerà a portare doni a esistenze difficili, tiferà per Ronaldo, giurerà che l’errore è dimenticato, ma non riuscirà a chiudere il proprio caso privato, non saprà archiviare quella parte di se stesso che vince sempre all’ultimo tiro in porta, anche in fuorigioco o con un tocco di mano. E sarà di nuovo la sconfitta, dopo un’altra grande illusione.
Egr.Dott. Tony Damascelli,
Bruno Lauzi , questo sì che si meriterebbe di essere ricordato, cantava “..con quella FACCIA un po’ così, quell’ESPRESSIONE un po’ così…”.
Ecco , non basta questo per dire tutto ?
Con i quotidiani chiari di luna e con quello che passa il convento , faccio tranquillamente a meno di Lapo.
E di tutti i suoi emuli .
Relegarli nell’anonimato sarebbe già qualcosa.
Fare sparire ( idealmente, ovvio) tutti i Lapo in circolazione un’azione meritoria , o quella che aveva nome opera di bene.
Difficile definirla anche di carità , è termine che non fa parte del vocabolario di esseri simili.
Cordialmente.
Fiorenzo Alessi