LA PARABOLA DELLA MANAGER DI GRIDO CHE TAROCCA LA RICEVUTA DEL TAXI

Una manager italiana. Non una qualunque: Sabrina Di Stefano, dirigente di Fincantieri, la grande azienda statale delle grandi navi. E’ tutto grande: una grande manager italiana che ci regala un grande esempio di grande costume italiano.

Ormai è su tutti i giornali: chiede al tassista romano di gonfiare la fattura fino a 20 euro (tu pensa per cosa si sbatte via certa gente d’alto bordo), volendo lucrare sul rimborso spese (yes, una tradizione molto very italiana). Purtroppo becca un tassista molto poco italiano, che le dice semplicemente no. Al rifiuto dell’italiano anomalo e pervertito, la supermanager perde la pazienza. “Che ti cambia, scusa?”, dice. Alla risposta del tassista, la più semplice e la più elementare del mondo, “A me niente”, lei tira fuori il carattere e la personalità, quelle doti tanto coltivate in Italia negli ultimi trent’anni, quelle che fanno le fortune di un uomo e di una donna di successo: “Ti cambia che rimani str… come sei. Un frustrato”. Certo, nel suo mondo di successo così va giudicato – e scartato – il tassista normale. Non gli dice sfigato e fallito, ma il concetto è chiaro.

Alle volte, i social. Dopo pochi giorni, la leggendaria parabola della manager di successo finisce in fuffa perchè il video circola su Instagram e arriva sulla pagina del sito “Welcome to Favelas”. Qui è un attimo: la riconoscono in tanti, la segnalano a Fincantieri, Fincantieri la caccia sui due piedi. Risulta che l’azienda di Stato abbia anche aperto un audit (adesso parlano così) “per capire se anche in passato ci fossero casi simili”. Difficile pensare che certe arti e certi metodi si improvvisino sui due piedi, di punto in bianco, comunque siamo tutti garantisti e non è giusto tirare conclusioni forcaiole. Al momento, resta un solo episodio provato. Comunque può bastare.

Poco importa, o forse importa molto, dipende, che poi il personaggio venga inquadrato fino in fondo: ma sì, è lei, quella Sabrina Di Stefano, militante storica di Forza Italia, originaria di Roseto degli Abruzzi. Sul suo profilo Facebook sono diversi gli scatti in cui è orgogliosamente accanto a Silvio Berlusconi. D’altra parte, per lei il Cavaliere era più che un punto di riferimento politico: nel 2013, da militante di Forza Italia venne nominata coordinatrice abruzzese de “L’esercito di Silvio”, movimento nato per difendere Berlusconi dal presunto accanimento giudiziario.

Naturalmente sarà accanimento giudiziario anche questo del tassista. Ma in fondo non è su questo che per una volta dovremmo scannarci (benchè dopo tutto si tratti di soldi pubblici, cioè nostri, che la damina cercava di sgraffignare). Basta e avanza fermarci un attimo sulla storia in sé, minuscola e modesta, ma gigantesca nel suo significato di parabola universale, espressione massima di una certa Italia rampante che fa rima con arrogante, di un certo tempo che ha premiato il disinvolto e lo spregiudicato ai danni del “frustrato”, come prontamente l’italiana di successo ha bollato l’italiano marginale e buono a niente. Più del taroccamento in sè, valgono il metodo e il tono: c’è un’Italia (dominante) che considera frustrata e triste l’Italia semplicemente onesta, normale, in regola. Quando si parla di egemonie culturali, dopo quella democristiana e quella di sinistra, dovremmo passare agli archivi questa, l’egemonia dei mediocri e degli amorali, totalmente insensibili all’etica e al banale scrupolo dell’onestà.

Sarebbe una storia da raccontare e commentare a scuola. Semplice chiacchierata di educazione civica, più nobilmente detta civiltà, magari con qualche riferimento a Seneca e a Voltaire. Naturalmente a scuola hanno altro da fare e altro di cui parlare. A scuola dobbiamo finirla di perdere tempo in stupidaggini. Sarebbe ora che la scuola cominciasse a sfornare manager di successo.Pubblicità

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