LA NON-ITALIA IN CUI I CANI SBRANANO UNA CARA RAGAZZA

di MARCO CIMMINO – Quando hai una certa età e sono decenni che scrivi e scrivi, forse ti rendi conto che la gradazione del tuo coinvolgimento nel commentare le notizie è influenzata da fattori esterni: certi accadimenti ti sfiorano, altri ti colpiscono come un pugno. La cosa, in un certo senso, è giusta: perlomeno, è comprensibile.

Così, quando devi dire la tua su tragedie come quella della ventenne di Soverato sbranata da un branco di cani, mentre scrivi continui a ripeterti: ventenne, sbranata, branco di cani. E, volente o nolente, ti sembra di vedere, di immaginare, un simile orrore.

Certo, tu devi dire la tua opinione, non fare della cronaca: ma che opinione si può esprimere su di un fatto del genere? Sul fatto che, nel 2021, in Italia, una ragazza perbene venga aggredita da una quindicina di cani e uccisa, mentre passeggia in mezzo a un parco? La sola cosa che mi viene in mente è: ma in che razza di Paese viviamo?

Un Paese in cui si possa essere tanto incuranti della sicurezza dei cittadini o, se si preferisce, tanto fiduciosi in una perenne buona sorte, da lasciare che un branco di cani inselvatichiti colonizzi un territorio in cui le persone vanno a spasso.

E, allora, quando hai una certa età e sono decenni che scrivi e scrivi, devi confessare che sei stanco di domandarti: in che razza di Paese viviamo? Che ti piacerebbe, per una volta, poter scrivere che viviamo in un Paese civile, in una comunità coesa, amministrata per il meglio, protetta, solidale.

Poi, purtroppo, arriva la cronaca a smentirti, clamorosamente: a costringerti a ripetere quella domanda che, ormai, ha annoiato te e, presumibilmente, chi ti legge. In che razza di Paese viviamo? Capita anche a voi di domandarvelo o sono solo io che, invecchiando, divento un lagnoso e sentenzioso vecchiaccio? Perché a me, onestamente, sembra di vivere in un Paese che ha abdicato perfino dai principi fondamentali della civiltà: un posto in cui si spaccia sotto le case della gente, in cui si stupra una donna che va al lavoro in un andito della metropolitana, a Milano, in cui una brava ragazza viene uccisa da un branco di cani. E in cui la maggior parte della gente non è più capace di indignarsi, di compatire, di reagire, nemmeno quando scopre di avere una magistratura che intrallazza, politici che rubano, probiviri corrotti.

Che razza di Paese è? Un Paese che è pronto a scendere in piazza se glielo dice una ragazzina un po’ problematica, che risponde ai delitti coi gessetti, che accoglie nel più freddo silenzio i propri soldati di ritorno dalla guerra, che razza di Paese è?

Ecco, ci sono notizie, come vi dicevo, che ti feriscono più di altre: che senti più dolorosamente tue. Come questa di una povera ragazza, nel fiore degli anni, macellata da dei cani randagi cui nessuno aveva fatto caso, che nessuno aveva percepito come minaccia, con una superficialità che, ai miei occhi, appare ancora più disonorevole e intollerabile del dolo.

Se chiudo gli occhi, mi sembra di vederla, questa Italia, proprio come Derossi, nel libro “Cuore”: e mi sembra un’Italia violata, devastata, abbandonata nelle mani di gente che non se la merita. Un’Italia in cui puoi decidere di andartene da un posto meraviglioso, sul mare, per fare una passeggiata nel verde, e imbatterti in animali da preda, come fossi nella savana: dove puoi morire così. E, allora, campassi cent’anni, continuerò a ripetervi il mio ossessivo ritornello, a costo di mettervi in fuga, di essere gabellato per barbogio impenitente: che razza di Paese è il mio Paese?

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