Mai così tanti ai Giochi: la spedizione azzurra alle Olimpiadi per la prima volta supera la barriera dei 400 atleti. Per la precisione, 403: i maschi sono 209, le femmine 194. Parigi val bene un primato: anche cent’anni fa, quando ci presentammo in duecento, si stabilì un record. E’ anche la prima volta che negli sport individuali ogni federazione, dall’atletica al badminton, è presente con almeno un atleta. Messaggio al mondo: sappiamo fare di tutto. Messaggio alla nazione: lo sport non lascia indietro nessuno.
Mai così tanti azzurri ai Giochi. A Tokyo erano 384 e già sembravano un’esagerazione. Undici in più rispetto al record precedente: Atene, vent’anni prima. A Parigi ci saranno facce nuove, ma anche già viste: su tutte, quella del tiratore Giovanni Pellielo detto Johnny, all’ottava partecipazione. Diciassette volte iridato fra titoli individuali e a squadre, ai Giochi è salito quattro volte sul podio, mai per l’oro: riuscisse a centrarlo, sarebbe il trionfo della pazienza. Notissimo è anche Greg Paltrinieri, nuotatore da vasca e acque libere: oro a Rio nei 1500, argento e bronzo a Tokyo fra 800 e 10 chilometri, lui la bacheca ce l’ha completa, ma in caso di medaglia sarebbe il primo italiano del suo sport ad andare sul podio in tre edizioni diverse.
Mai così tanti, ma soprattutto mai così forti. Arriviamo dall’edizione più vincente: a Tokyo sono state 40 le medaglie, dieci delle quali d’oro. Exploit favorito dalla scoperta di talenti (Jacobs, la staffetta e i marciatori nell’atletica, oltre a Tamberi of course), ma anche dalle debolezze altrui: per le difficoltà nel prepararsi in era covid, nazioni come Cina e Australia non si presentarono nella loro versione migliore. Stavolta non ci sono russi e bielorussi, ma è cresciuta la nostra qualità in molte discipline, grazie allo studio di nuovi metodi di allenamento: la scherma è tornata ai suoi livelli dopo un periodo meno luminoso, il nuoto può giocare più carte vincenti.
Ma i veri forzieri, quelli da medaglia sicura, sono diventati altri. Intanto l’atletica, dove sappiamo far di tutto: correre veloci, certo, ma pure saltare (in alto, in lungo), lanciare e andare oltre l’ostacolo. Ma ancor di più il tennis, dove schieriamo un vero e proprio dream team: da Sinner alla Paolini fino ai doppisti, c’è la possibilità di ottenere un ricco bottino. Anche perché si va in campo al Roland Garros, dove poche settimane fa, agli Open di Francia, abbiamo giocato la finale femminile, la semifinale maschile e i due atti decisivi del doppio.
Detto questo degli sport più popolari, allargando lo sguardo a tutte le discipline le previsioni non sono ottimistiche, di più: si prevedono almeno 50 medaglie, come sostiene chi studia gli astri sportivi e come non fa mistero di aspettarsi il grande capo dello sport italiano, Giovanni Malagò.
Mai così tanti ai Giochi: purtroppo, mai così pochi negli sport di squadra. A Parigi ci presentiamo con solo due discipline, volley e pallanuoto, entrambe con le rappresentative maschile e femminile, entrambe con forti chance di medaglia. Vent’anni fa, ad Atene, di nazionali ne avevamo il doppio: c’era il calcio, che conquistò il bronzo con Pirlo e De Rossi, terza e ultima medaglia della sua avventura a cinque cerchi interrotta nel 2008, e c’era il basket, che si mise al collo l’argento perdendo la finale con l’Argentina con Pozzecco in campo. Il basket c’era anche a Tokyo, con ben due team: quello maschile dopo un’assenza di 17 anni (eliminato nei quarti dalla Francia) e quello del 3 contro 3 femminile.
C’era una volta, appunto: oggi nello sport azzurro spiccano le individualità ed è sempre più complicato fare squadra. E’ un po’ la direzione che da qualche anno ha preso il nostro Paese, dove sta calando la voglia di socializzare, dove prevale l’indifferenza, dove ci si divide anche all’interno delle stesse organizzazioni, dove quello che va bene a uno spesso non va bene all’altro. Sembra quasi un paradosso: meno team azzurri nell’anno della partecipazione record di atleti. Cambiano i tempi, anche nello sport: una volta a individuare la forza di una nazione era l’unione, adesso sono i numeri.