LA MODA DEI POLIZIOTTI CHE SI ARRENDONO

di MARIO SCHIANI – E’ meglio avere una Polizia incline al manganello, alle cariche, agli idranti, alle manette e magari perfino alle pistolettate, oppure una Polizia pronta a ragionare con i cittadini, anche e anzi soprattutto con quelli che protestano o comunque hanno qualche motivo di doglianza nei confronti della società e delle sue istituzioni?

La seconda, avete detto? Risposta giusta, ma era facile. Ancor più facile diventa, la risposta, se si considera che il mondo è pieno di gente in divisa che fa il bello e il cattivo tempo: picchia la gente quando la gente chiede democrazia, strangola quelli che hanno la pelle del colore sbagliato e, in qualche caso, fa combutta con chi dovrebbe togliere dalle strade.

La Polizia italiana, per fortuna, tutto questo non lo fa. Certo, ha avuto i suoi guai, commesso i suoi errori, contato le sue pecore nere ma, in generale, non si può dire sia una forza che di regola tradisca il suo mandato di autorità di pubblica sicurezza e mantenimento dell’ordine pubblico.

Al contrario, qualche volta, ormai sempre più di frequente, tanto che sta diventando una mezza moda, interpreta all’eccesso la sua missione di stare dalla parte dei cittadini, mettendosi dalla parte soltanto di alcuni. Spieghiamoci. Dopo altri episodi registrati dalle cronache nell’ultimo periodo, nei giorni scorsi una nuova replica: un gruppo di venditori ambulanti romani ha pensato bene di protestare bloccando il Grande raccordo anulare, allestendo sulla carreggiata un punto di vendita con tanto di ombrelloni e bancarelle. A Roma, gli ambulanti sono arrabbiati perché il Comune ha deciso di fermare la proroga delle licenze così come inserita nel decreto Rilancio. Per decisione della giunta guidata da Virginia Raggi, le licenze dovranno passare invece da un nuovo bando in base alla normativa europea e l’assegnazione delle aree pubbliche rimessa di nuovo in gioco. Da qui, la rabbia degli ambulanti che si aspettavano di veder “allungate” le licenze senza colpo ferire: una delusione tale da spingerli alla più clamorosa delle proteste; bloccare il Grande raccordo anulare paralizzando il traffico di mezza Roma.

Davanti alla loro indignazione, i poliziotti schierati in assetto anti-sommossa hanno provato un moto di compassione e di comprensione e hanno mostrato la loro solidarietà sfilandosi il casco. Di nuovo. Un gesto spontaneo e bene intenzionato, se non fosse che, a pensarci un momento, togliersi il casco ad esempio davanti agli ambulanti equivale a calcarselo sulla testa, e con forza, davanti a tanti altri cittadini: quelli in coda sul raccordo, per esempio, oppure coloro che avrebbero i requisiti per partecipare al bando del Comune di Roma e finora non hanno potuto farlo per via delle licenze prorogate. E anche davanti ai romani tutti, che delegano al Comune la gestione degli spazi pubblici, laddove con “pubblici” si intende “di tutti”, non solo degli ambulanti.

L’agente che si toglie il casco davanti a un cittadino che protesta per il suo lavoro, per la fonte del suo sostentamento, è un agente che d’istinto ci piace, questo sia chiaro. Soprattutto perché è un uomo un grado di provare empatia, e l’empatia è essenziale, specie per chi porta con sé il mandato dell’autorità.

E però l’empatia mirata, a settori, magari un pochino faziosa, potrebbe diventare un problema: chi decide quando il cittadino va compreso nel suo disagio e quando, invece, va sanzionato e magari perfino denunciato?

Una Polizia solidale ci va benone, una Polizia tifosa molto meno. Il confine è sottile, questo è vero, ma il principio dietro l’azione di polizia è semplice è chiaro: chi porta la divisa fa il possibile per tutelare l’interesse di tutti. E non solo di chi il suo interesse lo mette in mostra su una bancarella.

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