LA MISERABILE CORSA TV A CHI FA MORIRE PRIMA RAIOLA

Un sommergibile con un equipaggio di ubriachi. La notizia della scomparsa di Mino Raiola è stata trasmessa da bocca a bocca, social a social, redazione a redazione, una staffetta miserabile per mostrare chi ce l’avesse più lungo e duro, scoop. In questi casi non conta chi è morto, ma chi dà prima la notizia. Tutto molto umano.

Mino Raiola è ancora in vita, per fortuna, è morto il giornalismo dei furbi, i maratoneti dello spettacolo su tutto e su tutti, il parolaio diurno e notturno, elezioni presidenziali o politiche, stesso teatrino di ospiti, la guerra come occasione di ulteriore scontro fazioso, immagini farlocche di bombardamenti e carri armati in fiamme però smascherati come filmati di videogames, la terra è piatta, il Covid è un raffreddore, le mascherine sono una truffa, finte le bare sui camion militari a Bergamo, finti i morti di Mariupol, forse finti anche Putin e Biden.

Arrivano le scuse, due righe di repertorio e via come prima più di prima, il coccodrillo riposa nel cassetto, la guerra prosegue, il Covid anche.

Si attendono altre novità, lo studio televisivo è pronto, l’ospite aspetta la chiamata e il gettone o il bonifico. Segnalo questo aforisma: “Il giornalista è colui che distingue il vero dal falso. E pubblica il falso”. Parole di Mark Twain. Pure lui era un falso, chiamandosi in verità Samuel Langhorne Clemens. E’ giornalismo.

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