LA MELONI SALVATORE DELLA PATRIA, L’ULTIMA DELLA LISTA

La Meloni sta volando, ogni giorno un sondaggio le attribuisce un nuovo incremento, la sua percentuale fa a gara con la quotazione del gas ad Amsterdam, con la differenza che quella ogni tanto si prende una pausa, la Meloni no, continua a scalare in modo ruggente, se le elezioni non fossero ormai prossime con questi ritmi potrebbe arrivare sotto Natale al 130-140 per cento.

Quali i motivi di questa travolgente cavalcata, nessuno è ancora in grado di chiarire bene. Certo, quando un tizio rastrella così tanta passione, come minimo ci gioca la pochezza delle alternative. Ed è in fondo questa la prima, vera spiegazione del nuovo tsunami.

D’altra parte, per noi italiani è una storia già vista e rivista. Fatta e rifatta. Come un classico. A cicli ricorrenti, abbiamo sempre bisogno di aggrapparci come disperati al Salvatore, che non è mai quello di Duemila anni fa e neppure un pescivendolo siculo, è il famoso Salvatore della patria, figura mitizzata per le sue capacità taumaturgiche, che non necessariamente ha davvero, ma che con certezza noi gli attribuiamo.

Se restiamo agli ultimi trent’anni, la fetta di storia moderna che più o meno tutti abbiamo vissuto, possiamo contemplare con nostalgia o senza alcun rimpianto la galleria di questi Salvatori, tutti immancabilmente motorizzati con superpoteri da Nembo Kid. Quelli normali non li vogliamo: li pretendiamo magici.

In rapida successione, senza star qui a ridipingerne i ritratti. Comincia Bossi con la sua Lega che disinfesterà Roma Ladrona, poi arriva Berlusconi col partito-azienda, poi arriva Di Pietro con l’Italia dei valori (perduti), poi c’è pure Prodi che farà il miracolo di trasformare i comunisti in seminaristi, poi più avanti compare Grillo che aprirà la vecchia politica come scatoletta di tonno, E ora lei, la Meloni, immancabilmente bravissima, scaltrissima, preparatissima, che certamente ci risolverà in un amen le grane delle pandemie, delle siccità, dell’inflazione, del debito pubblico, delle bollette atomiche, non come Draghi che chiaramente non è mai stato all’altezza della situazione.

La speranza è sempre l’ultima a morire, dev’essere questo il vero motto nazionale, il vero articolo uno, altro che l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro. Ogni volta prendiamo musate e restiamo delusi, ma il giorno dopo siamo subito pronti a scommettere sul cavallo di razza, sul Pifferaio magico, sul Mago Merlino, sull’Uomo Ragno, in altre parole sul nome super che stavolta, stavolta sì, con estrema certezza, rimetterà tutte le cose a posto. In questo giro sarà addirittura una donna, è perfetto, anche se le prime a non volerla sono le attrici e le cantanti che da anni ci fanno una testa così per dare spazio alle donne.

Inutile stare tanto a seguire la campagna elettorale da qui al 25 settembre. C’è nell’aria qualcosa di ineluttabile, di già scritto, un nome su tutti e su tutto che deve solo passare all’incasso. E poche storie anche su tutti questi indecisi, primo partito d’Italia: se caso mai decidessero, capacissimi di decidersi pure loro per la Meloni.

Non resta che preparare la Nazione al nuovo Salvatore (cosa prevede la lingua politicamente corretta: Salvatrice o Salvatore della Patria?), anche stavolta l’abbiamo trovato e non c’è più niente da temere. Andrà tutto bene.

Casualmente, molto casualmente, la destra dura e pura tornerà al potere esattamente cent’anni dopo che se lo prese in modo un po’ meno sportivo ed elegante, allora con energumena Marcia su Roma. Stavolta se non altro è un inizio migliore. Auguri a tutti perchè vada meglio anche il finale.

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