A colpi di record, LeBron James celebra i suoi primi 40 anni. Entrando dalla porta principale: da trascinatore e non da trascinato, come purtroppo succede a tanti campioni dello sport.
Stando ai numeri, il cestista più forte al mondo funziona ancora bene: ai primati di longevità (ha appena battuto quello del maggior numero di minuti in campo, si sta avvicinando a quello di più anziano di sempre in attività), abbina un rendimento in linea con le venti stagioni in Nba che si è lasciato alle spalle, come se il tempo per lui non passasse. Funzionano meno bene i suoi Lakers: viaggiano a metà classifica, con poche chance di lottare per il titolo, come tradizione e rango, oltre che la loro superstar, reclamerebbero. Tant’è: non sempre le squadre col fenomeno riescono a esser fenomenali.
DEL PRESCELTO, il più celebre di una mezza dozzina di soprannomi che LeBron James si è visto attribuire, ormai è nota l’attitudine: battere tutti i limiti senza porsene. Vale per i risultati come per l’età. Dicono che sia il vero Signore dei Lakers e, in buona parte, della stessa Nba: si è tolto ogni genere di soddisfazione, ultima quella di giocare col figlio Bronny. E’ durata poche partite, prima che il ragazzo venisse dirottato nella lega di sviluppo, come capita ai giovani che non sono pronti al grande salto, ma è stata comunque una scelta vincente, l’ennesima: negli ultimi tre mesi, la vendita delle magliette di James junior ha portato nelle casse del club 50 milioni di dollari, l’equivalente dello stipendio annuale di papà, e in un mondo come quello Nba dove il business conta almeno quanto il risultato sportivo è sicuramente un successo.
QUARANT’ANNI di LeBron James, la data da scolpire per sempre è il 30 dicembre. Uno dei più vincenti di sempre, al punto che oggi l’America comincia a interrogarsi se sia lui il più grande di sempre fra i canestri e non Michael Jordan. Sul campo ha vinto tutto (quattro titoli con tre squadre diverse, tre volte mvp della stagione e dei playoff, tre ori olimpici), fuori dal campo gli sono andate storte poche cose: l’ultima un paio di mesi fa, quando alle elezioni si è schierato con Kamala Harris, perché dopo la vittoria di Trump sui social è stato preso di mira sui social in modo così violento da arrivare a bloccare i suoi profili (‘Troppo odio e negatività’, la motivazione). Piccoli incidenti di percorso, come gli acciacchi che ogni tanto lo costringono a saltare qualche partita ‘per il mio bene’, come dice parafrasando i medici: fosse per lui, non esisterebbe pausa. D’altronde si parla di un atleta che cura il proprio fisico in modo maniacale, arrivando a investire un milione e mezzo all’anno, cifra mai confermata, semmai smentita dal diretto interessato in una serie tv su Netflix dove ha detto ‘mi vien da ridere nel sentire quanto spendo per il mio corpo’, senza fornire altre informazioni.
PER LA CRONACA, e pure per la storia, King James allunga un elenco di campioni che a 40 anni e passa si sono dimostrati ancora tali e non caricature di se stessi. A questa età, il portiere azzurro Dino Zoff ha alzato al cielo la coppa del Mondo di calcio e il ciclista olandese Joop Zoetemelk ha vinto l’Amstel, una classica del Nord. A 41 anni, invece, la nuotatrice statunitense Dana Torres ha centrato l’argento nella sua quinta Olimpiade, e il pugile filippino Danny Pacquiao è stato campione del mondo dei pesi welter. E ancora: ne avevano 43 sia la star del football americano Tom Brady, quando ha vinto il suo settimo Superbowl, sia il golfista statunitense Tiger Woods, quando ha conquistato per la quinta volta il Masters. Illustri precedenti, ai quali LeBron James ammicca con un desiderio identico: prima di congedarsi, festeggiare un altro trofeo, importante come quelli che già lo hanno reso una leggenda.