di DON ALBERTO CARRARA – Non conosco in maniera particolare i balletti classici e non so “entrare” nei meccanismi e nelle logiche spesso meravigliose che li governano. Quindi le mie personali reazioni sono, insieme, ingiustificate e forti. Infatti, quando vedo un balletto interpretato dalla Fracci, mi viene in mente sempre il commento più scontato: “Che bello!”. Ma il più delle volte non riesco a spiegarmi il perché. Anzi, a essere sincero, non sento neppure la necessità di spiegarmelo.
Forse però un perché – uno almeno – potrei tentare di trovarmelo. Quando vedo i balletti di Carla Fracci penso che li vedo come “belli” perché è, anzitutto, il corpo della ballerina che mi appare bello. E mi appare bello perché non cammina, ma danza e danzando dà l’impressione di volare. È la leggerezza, dunque, il segreto di quel fascino. È un corpo che, avendo perso il suo peso, dà la sensazione indefinibile di qualcosa di spiritualizzato: un corpo che si sta slanciando oltre i limiti del fisico.
Sarà strano ma, nel rivedere, anche in questa occasione, le straordinarie movenze di Carla Fracci e nel rivivere quelle sensazioni, ho pensato a certi particolari che i vangeli attribuiscono al corpo di Gesù risorto. “La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse: ‘Pace a voi’” (vangelo di Giovanni 20, 19).
Il corpo “leggero” del Risorto entra senza aprire le porte. Ognuno vede ciò che vede a modo suo. Il corpo leggero di Carla Fracci, dunque, richiama a me il corpo “spirituale” del Risorto. Sarà strano e sarà una reazione che certamente non è molto teologica, e non sono neppure in grado di giustificare gran che. Ma credo che non si tratti, comunque, di una profanazione, né per il corpo del Risorto paragonato a quello di Carla Fracci, né viceversa.