LA DI FRANCISCA INSISTE: MA CI E’ O CI FA?

Discorsi olimpici e pensieri in libertà. Opinioni e punti di vista, talvolta di svista. Scivoloni e colpi bassi, parole dolci e taglienti, lacrime di gioia e commenti sferzanti, che fanno male. Si parla ancora di quarti posti e di questa generazione Z che si accontenta, che sorride per una medaglia di legno spiazzando regine dello sport che hanno vinto l’oro, ma hanno il cuore di pietra.

Parla ancora Elisa Di Francisca, due ori olimpici, 7 mondiali e 13 europei nel fioretto, un polverone sollevato per il commento sul quarto posto di Benedetta Pilato, per un centesimo, nei 100 rana a Parigi. Non va di fioretto Elisa Di Francisca, ma con la clava. Non le ha mandate a dire quel giorno dagli studi Rai quando ha sentito una felice Benedetta Pilato – di anni 19, un mondiale e quattro europei – dire che quel quarto posto era per lei un sogno. Un quarto posto può essere un sogno? «Ma ci è o ci fa?», si domanda incredula la schermitrice. Può essere un sogno un quarto posto olimpico? Per Benedetta, e che sia benedetta, sì.

Per la olimpionica che di Pierre de Coubertin se ne fa un baffo è di contro un sacrilegio, un insulto al buon senso e allo sport. «Credo davvero che la sofferenza, lo stare male per un risultato che non arriva, sia importante – racconta al Corriere -. Lo dico attingendo al mio vissuto di ex atleta della scherma: bisogna provare dispiacere, perché da lì si attinge la motivazione per ripartire alla conquista. Io ho sempre fatto così».

Ci sta, può essere, ma è altrettanto vero che la Pilato e tante come lei possono godere per un quarto posto e poi mettersi in ogni caso in modalità rivincita. Non è detto che quegli occhi lucidi per la soddisfazione di un podio appena sforato non si tramuti in voglia di rivalsa e di riscatto, anzi, conoscendo gli atleti, sarà chiaramente così. Oggi quarti, domani ci si migliora. Non serve ammorbarsi il fegato e rendere la vita impossibile a chi ci sta attorno. Fa bene la Di Francisca a vivere lo sport come meglio crede, ma lasci la libertà a tutti di vivere come meglio credono: non c’è solo un modo. Per poi arrivare al conseguimento di un risultato, ad un miglioramento, le strade possono essere diverse. La Pilato ha 19 anni, la Di Francisca all’oro ci è arrivata a 29: calma e gesso.

«Non insegnerò loro l’obbligo di vincere a tutti i costi – sempre la Di Francisca al Corriere, parlando dell’educazione dei propri figli -, ma sanno che se non fanno bene una cosa ci saranno delle conseguenze. Non drammatiche, ma conseguenze. Mi spiace ma io appartengo alla generazione passata, ho avuto un padre severo che mi ha tirata su in un certo modo. Il buonismo imperante non è la mia filosofia. E non sopporto nemmeno la finzione ipocrita dei social né chi, nei momenti di polemica, usa le situazioni per innalzare se stesso. La vita vera è un’altra».

Ha fatto scalpore la Pilato che non se ne è lavata le mani, ma si è asciugata gli occhi per la commozione e la gioia di essere quarta al mondo, in una disciplina ben più globalizzata della scherma, così come il nostro impareggiabile Presidente della Repubblica – Sergio Mattarella – che ha deciso di invitare al Quirinale anche chi è arrivato quarto, in nome dell’olimpismo.

Esserci è già un successo, perché non è da tutti. L’importante è partecipare non è solo un modo di dire, ma è la conseguenza di anni e mesi di lavoro e impegno: non tutti arrivano a disputare un’Olimpiade. Per questo – e pochi lo sanno – dal lontano 1896 esistono i “diplomi olimpici”, inizialmente assegnati solo al vincitore di ogni competizione. Successivamente, nel 1923, questo riconoscimento è stato allargato ai tre medagliati e nel 1949 ai primi sei classificati, ma è dal 1981 che il “diploma olimpico” spetta ai primi otto.

Perché otto? Forse per quelle specialità come l’atletica e il nuoto (le otto corsie), per quelli che arrivano a disputare una finale olimpica, perché è in ogni caso un grande risultato sportivo. Mattarella onora anche i quarti, quel “bacino di sogni” che a Los Angeles potrebbero trasformarsi in oro, mentre per i Giochi i primi otto sono l’assoluta eccellenza di chi pratica lo sport. Questo è il messaggio che da anni dà l’Olimpiade, ben compreso da Benedetta Pilato, un po’ meno dalla Di Francisca.

4 pensieri su “LA DI FRANCISCA INSISTE: MA CI E’ O CI FA?

  1. Wanda Bayslak dice:

    Assolutamente d’accordo con tecaro Pier. Mi fa piacere che siano enfatizzati gli atleti che arrivano oltre il terzo posto.
    Che diamine, sono arrivati a gareggiare nelle Olimpiadi, mica niente!

  2. Flavia dice:

    Non è che lei NON ha compreso, la fate passare per una stupida, ha un’ opinione diversa e non buonista. Il buonismo e il politicamente corretto stanno distruggendo il lmondo ed il ibero pensiero.

  3. Vito dice:

    Analisi buonista e, forse, anche ipocrita. Troppo a senso unico, invece di valutare le due opzioni prende troppo posizione contro la Di Francisca. Ed è questo che fa apparire forzato il pezzo: non è a favore della posizione un po’ pilatesca della Pilato (il che ci potrebbe anche stare), ma è proprio CONTRO l’olimpionica della scherma.
    Non ci siamo, non è con questo falso perbenismo e buonismo che si costruisce uno spirito vincente: lo sport al massimo livello richiede altro, se si vuole andare a podio. Se poi l’obiettivo è partecipare e dunque basta arrivare nei primi quattro (oppure otto che siano) allora va bene tutto, anche l’iniziativa boomerang di Mattarella…altro che impareggiabile presidente, così il messaggio è che arrivare fra i primi tre o sesti (o quarti) è la stessa cosa…diseducazione sportiva e scarsissima valorizzazione dei medagliati.

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