Là dove c’era l’erba ora c’è una costa meravigliosa, brilla come un diamante, direi uno smeraldo. Kharim IV Aga Khan ha concluso, a 88 anni, la sua vita festosa e fastosa. Principe da favola, come l’araldica di famiglia, segnata da harem di donne le più belle del mondo, ballerine, commesse, tutto quello che improvvisamente abbagliava gli occhi dei suoi antenati, da Mohammed ad Ali, matrimoni, separazioni, figli, eredi, cavalli, motoscafi, panfili, aerei, ori e incensi e, voglio proprio esagerare, l’apparizione di una donna cresciuta tra danzatori di flamengo, dico Gilda, al secolo Rita Hayworth, la quale mollò l’orso-Orson Welles per andare con Alì e viaggiare nelle mille e una notte.
Sta di fatto che quando muore Mohammed, padre dello stesso Alì, lascia in testamento tutti gli averi al nipote Kharim, perché non si fida della vita spericolata del figlio, dedito a infischiarsene dei fedeli e a badare soltanto a coricarsi con la qualunque tra orge, ubriacature, una continua bestemmia dell’Islam.
Kharim ha vent’anni e studia ad Harvard. Comincia in Tanzania la sua celebrazione di Imam, non disdegna certi piaceri di famiglia, viaggia e come Cristoforo Colombo un giorno, nelle acque alte del Mediterraneo, scopre l’America, la Sardegna di pietre e profumi, pastori mille e costa aggiudicata alle loro mogli perché incolta. I sardi la chiamano la Valle dell’Inferno, diventerà il paradiso, l’Aga Khan compra una dimora ma al tempo ogni trasferimento prevede mulattiere, sarebbe ora di organizzare il territorio, dunque dalla semplice villa vista mare si passa ad ettari e ancora ettari, quasi duemila il totale, e poi l’aeroporto e poi il porto e poi un disegno ordinato, mica cemento e mattone a casaccio come nel resto del bel paese, ma architetti francesi, raffinati, vien fuori Cala di Volpe, si aggiungono altri siti da presepe, tutti sono devoti a chi ha portato i soldi “Macchè miliardo, voglio settecento milioni in contanti!” pare abbia reagito un pastore all’offerta clamorosa del principe al quale, tuttavia, resiste soltanto ziu Agnuleddu, Angelo Sanna che, abbandonato l’ufficio postale di Santa Teresa di Gallura, fa l’eremita e si arrocca sui due stazzi e 300 ettari dell’isola di Coluccia, avendo come patrimonio un cane e un cavallo.
La sua esistenza unica, davvero principesca, si concluse nel 1996, ma l’Aga Khan ormai aveva deciso di arrendersi, altri erano i suoi impegni, costruire l’università di medicina a Karachi e banche e compagnie assicuratrici e ospedali, ovviamente moschee, ospitare a bordo Agnelli, andare a ricevimento dalla regina Elisabetta che lo chiama High Higness, Sua Altezza, che gli va bene anche per la statura davvero eccelsa, sposare l’indossatrice Sarah Crocker-Poole e indurla a convertirsi.
Fu lei, detta la Begum (sarebbe la moglie del principe), che occupò le cronache e i racconti dei nostri nonni e genitori e si rese ancora più famosa regalando tre eredi, Zarah, Rahim e Hussein.
La Sardegna, quella che Guido Piovene così descrisse con immagine struggente e direi un tantino enfatica “… il nostro paesaggio più romantico, ma di un romanticismo vittorughiano o byroniano, di quello che suppone l’uomo seduto su uno scoglio eccitando a contatto della natura i suoi burrascosi pensieri”, la Sardegna terra di imprevisto approdo, oggi celebra la scomparsa del suo Cristoforo Colombo.