LA CHIESA DICE CIO’ CHE DEVE SUI GAY, MA DEVE ANCHE FARE

di DON ALBERTO CARRARA – “La Chiesa non dispone, né può disporre, del potere di benedire unioni di persone dello stesso sesso”. Il “responsum” della Congregazione per la Dottrina della Fede, firmato dal cardinale prefetto Luis Ladaria e al quale Papa Francesco “ha dato il suo assenso”, di fresca pubblicazione, arriva come una risposta a ”progetti e proposte di benedizioni per unioni di persone dello stesso sesso” che “si stanno diffondendo in ambiti ecclesiali”.

Il documento ribadisce però che “la comunità cristiana e i pastori sono chiamati ad accogliere con rispetto e delicatezza le persone con inclinazione omosessuale”.

Conclusione: la chiesa “non benedice né può benedire il peccato: benedice l’uomo peccatore, affinché riconosca di essere parte del suo disegno d’amore e si lasci cambiare da Lui. Egli infatti ci prende come siamo, ma non ci lascia mai come siamo”.

Il documento è, diciamo così, equilibrato. Sta fermo sui principi, ma ribadisce la necessità di accogliere chi con quei principi non riesce a far combaciare le proprie scelte di vita.

La fermezza sui principi farà discutere, sia dentro che fuori la chiesa: è facile prevederlo. E la discussione porrà, ancora una volta, il dilemma. La chiesa talvolta dice ciò che piace. Ma, spesso, per dire ciò che piace, deve rinnegare ciò che deve. Oppure: dice ciò che deve, ma deve rinnegare ciò che piace. Con il documento della Congregazione per la Dottrina della Fede ha detto ciò che deve. E non poteva fare diversamente.

Ma la discussione non si può chiudere con l’affermazione che la chiesa ha detto quello che doveva. Perché resta intatto il problema su che cosa deve fare la chiesa con le persone di orientamento omosessuale. Infatti, non basta dire che deve accogliere, bisogna accogliere. Ora, accogliere un omosessuale non è come accogliere un immigrato. A questo proposito, una domanda: un omosessuale si può accostare ai sacramenti, può fare la comunione? Se è sì, allora non ci si può limitare a dire che è peccatore. Se è no, allora è un po’ difficile dire che viene accolto.

Se ci si guarda in giro, in effetti, si vede che, mediamente (mediamente, perché le eccezioni ci sono) non si condannano gli omosessuali. I preti non scomunicano, le comunità hanno appreso un atteggiamento non discriminatorio… Esiste una specie di accoglienza silenziosa. Il limite di questa accoglienza sta nel fatto che è, precisamente, silenziosa. L’atteggiamento tradizionale verso gli omosessuali era una accigliata messa al bando. La messa al bando, forse, non c’è più. Resiste, però, il silenzio. La parola sul fenomeno manca ancora, almeno nelle concrete comunità cristiane. E, con la parola, l’accoglienza. Ma, a quel punto, non solo parole di accoglienza, ma accoglienza a tutti gli effetti, né vergognosa, né silenziosa.

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