LA BOTTERI, CORRISPONDENTE DA ALTROVE

di GIORGIO GANDOLA – La corrispondente da Pechino è a Pechino. Dovrebbe essere una banalità, invece è una notizia sconvolgente perché Giovanna Botteri è finalmente tornata in Cina dopo mesi di stranianti servizi confezionati da Roma, sede Rai. Lo scenario era curioso, le immagini scorrevano sul sempre affascinante mondo orientale. Ma l’esperta di Xi Jinping, del pianeta diversamente capitalista e del Covid miracolosamente debellato parlava da ottomila chilometri di distanza. Ne converrete: l’esperienza fa molto, ma attraverso il telescopio certi dettagli sfuggono.

La vicenda, che un critico cinematografico privo di fantasia chiamerebbe “distopica”, aveva suscitato anche una polemica politica, con un’interrogazione in Commissione di Vigilanza per sapere quale fosse il motivo per il quale il servizio pubblico pagava una sede a Pechino e la giornalista se ne stava a Saxa Rubra o dintorni. Risposta dell’azienda: “C’erano problemi per il visto”. Una volta risolti, un mese fa lei è salita sull’aereo ed è tornata in trincea. Anzi nell’appartamento di Pechino, praticamente scoraggiata a mettere il naso fuori perché ”non sono ancora stata vaccinata”.

Lo ha rivelato a Mara Venier, in un collegamento con “Domenica In”, dopo aver ascoltato il video-messaggio di Kabir Bedi sull’emergenza in India. “Non ho ancora ricevuto neanche la prima dose perché sono tornata a Pechino all’inizio di aprile”, ha spiegato la giornalista. “Avrei potuto sottopormi al vaccino in Italia tra febbraio e marzo, ma in quel periodo le vaccinazioni erano appena partite e non me la sentivo di togliere dosi alle persone più anziane, che rischiano di morire se prendono il Covid”.

Una nobile posizione, molto diversa da quella di alcuni colleghi entrati senza ritegno a ingrossare le file dei furbetti del vaccino. La situazione però le crea una nuova complicazione: se prima raccontava la Cina da Roma, adesso rischia di spiegarne le curve (con i soliti effetti speciali) senza la libertà di movimento di chi è vaccinato. Con l’aggravante di doversi occupare di un Paese già incline in situazioni normali a rivelare ai media solo ciò che gli fa comodo. Lei ammette di non sapere come muoversi, ma il dottor Francesco Le Foche, immunologo del Policlinico Umberto I di Roma, le viene incontro. “Se fossi in lei, farei qualsiasi vaccino possa capitare. L’Organizzazione mondiale della Sanità ha appena approvato anche il Sinopharm, può farlo in tutta tranquillità”.

Una buona notizia. Lei ama la Cina e ne condivide ogni sospiro. A tal punto da affermare: “Ha sconfitto il Covid prima ancora dell’avvento dei vaccini”. Fosse vero, possiamo immaginare con quali metodi. L’Oms non è mai riuscita a chiudere un’inchiesta seria su questo record, anche per mancanza di medici da intervistare dalle parti di Wuhan. Così la nostra inviata speciale, cresciuta con il mito di Tiziano Terzani e Peter Arnett, ha deciso di occuparsi d’altro. Per esempio dell’India.

È lei che da Pechino, con drammatiche immagini di Calcutta alle spalle, racconta la ferocia dell’epidemia sulle rive del Gange. E il cerchio si chiude, fra sfortuna e disguidi: ieri spiegava il virus cinese da Roma, oggi pennella giornalismo sul fronte indiano da piazza Tien An Men, a 3800 chilometri di distanza. Con aeroporti chiusi e altissimo rischio di infezione non si può fare diversamente, ma l’effetto sarebbe lo stesso se parlasse da Ladispoli o da Vipiteno. Come si suol dire, dentro la notizia. Con il rischio che la Rai, nonostante investimenti e prosopopea, abbia le stesse della Squilla di Sorrento.

Neppure lady Botteri è sfuggita alla regola di sua maestà il caporedattore centrale: “Già che sei lì…”. Il continente è lo stesso, che problema c’è? A me capitò un’avventura simile qualche decennio fa, quando ero a Chicago e ricevetti una telefonata da Milano: “Prendi il primo aereo e vai in Patagonia. Hanno arrestato Priebke. Già che sei lì…”. Lì dove? “Lì in America”. Giusto, il mondo è piccolo. La differenza è che a Bariloche dovetti andarci davvero.

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