LA BELLA ASINATA DEL PROF CHE DA’ 10 A TUTTI

L’ho scritto tante volte che, ormai, nemmeno me le ricordo più: nella scuola fioriscono gli scemi, più o meno come facevano i papaveri nei campi delle Fiandre. Non so perché un’istituzione nobile, utile e millenaria come la scuola attragga, a guisa di carta moschicida, un numero così elevato di imbecilli, ma il dato è evidente e incontrovertibile.

In Italia, ad esempio, le linee generali della pubblica istruzione sembrano concepite direttamente da Cacasenno. Qualche tempo fa, un buontempone si accorse che dalle scuole italiane uscivano meno diplomati e, per conseguenza, dalle università meno laureati che, faccio per dire, in Svezia o in Galles. Apriti cielo: un simile gap andava immediatamente colmato! Così, qualche scemo, debitamente fornito di cattedre e incarichi presso il ministero del sapere spicciolo, ebbe un’ideona: promuoviamo tutti, abbassiamo il livello di esami, domande, e criteri valutativi, così si diplomeranno e laureeranno tutti. In un solo colpo, si sarebbe azzerata la dispersione e il numero di premi Nobel nazionali avrebbe subito una drastica impennata.

Le radici di questo ragionamento da dementi, naturalmente, affondano in quella bella fucina di stupidaggini a ruota libera che si chiama Sessantotto, di un certo Sessantotto: dal sei politico, dal 18 politico, dalla scuola politica, insomma. Bella roba: dai vaneggiamenti di qualche capellone, queste brillanti teorie formative sono passate direttamente ai docimologi, agli espertoni, ai vertici della scuola. A volte, mi viene perfino il sospetto che i cretini di oggi siano ancora gli stessi di ieri, solo che si sono tagliati i capelli e hanno abbandonato i jeans a zampa. Fatto sta che, nel mondo della scuola, più un’idea è cretina, supremamente cretina, e più, per così dire, attecchisce: amor ch’al cor gentil ratto s’apprende.

Mi consola, ma solo in parte, lo scoprire che, se Atene piange, Sparta non ride: “fessi senza frontiere” mi notifica che a Gijòn, in Spagna, un professore di francese è stato sospeso dall’insegnamento, perché dava dieci a tutti. Per nulla pentito, questo raffinato pedagogo, con tanto di studi alla Sorbonne (che, vi garantisco, non è poi questo granchè), sostiene che dare il massimo punteggio a tutti riduce lo stress degli studenti e li stimola. Viene la curiosità di sapere a cosa li stimoli, avendo già raggiunto il massimo punteggio, ma, su questo, il luminare, che, per inciso, ha giusto quella faccetta, quella barba mal rasata, quell’espressione un po’ così, che la dice lunghissima sulla sua Weltanschauung, non ha creduto di scendere in particolari.

Insomma, la soluzione, per rendere la scuola più divertente, rilassata e produttiva è dare dieci a tutti. Magari dopo un bel giro di canne, giusto per rilassarsi fino in fondo. Mi pare la quadratura del cerchio: studenti rilassatissimi, docenti rilassatissimi, genitori rilassatissimi e rating OSCE altissimo. Una scuola rilassatissima.

Peccato che il meccanismo funzioni esattamente al contrario, fuori dal mondo fiabesco di OZ Tze Tung. Nella vita reale, chi lavora caparbiamente ottiene i risultati: chi fatica raggiunge la meta. Mettere tutti sullo stesso livello, secondo un criterio che ha prodotto notorie meraviglie, umilia la buona volontà, deprime le motivazioni, crea ingiustizie. Ed è uno dei mali più gravi ed evidenti di questa scuola che s’è inceppata e non insegna più nulla.

Me ne dolgo per il professore iberico, con la sua barba mal curata e la sua faccia un po’ così, ma hanno fatto benissimo a sospenderlo. Solo che, qui da noi, questo delirio egalista è la regola: non lo svagellare di un cretino isolato. Da noi, ahimè, è la scuola che andrebbe sospesa, ripulita, riassemblata e, infine, riaperta. Una scuola in cui si dia dieci a chi merita dieci e uno a chi merita uno. Ma questo significherebbe cacciare a pedate un sacco di gente che tiene famiglia. Tra gli insegnanti, intendo: mica tra gli studenti, poveretti anche loro.

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