LA BATTAGLIA (PERSA) DELL’ALBERO DI NATALE

di ELEONORA BALLISTA – “Miei cari parenti, vicini e lontani, buon Natale. Buon Natale ovunque voi siate!”. Quest’anno il videomessaggio di auguri ai congiunti, perché di videomessaggio si tratterà, potrebbe avere un tenore alla Nunzio Filogamo.

È, infatti, talmente difficile capire i limiti, e calcolare i rischi, di un potenziale invito, che forse è meglio evitare del tutto di pianificare le giornate delle feste con tutti i rami della famiglia.

Con questa prospettiva, che sui social è già diventata virale ironia per lo scampato pericolo della preparazione di cenoni della vigilia per 16 persone e pranzi del 25 per altrettanti, l’altra sera a cena, con mio marito e le mie figlie, do voce ad un pensiero: “Ma quest’anno dobbiamo proprio farlo l’albero di Natale? Tanto non viene nessuno”.

Un silenzio glaciale scende sulla tavola di cucina, e mi ritrovo addosso sguardi talmente seri da trasformarmi all’istante nell’Ebenezer Scrooge del “Canto di Natale” di Dickens, con la sola variante che io sono una donna. “No, ma io non volevo dire che… certo, lo faremo, ma magari più piccolo… ok, ok lo facciamo come al solito”.

I miei tentativi di rimediare alla funesta dichiarazione si rivelano inutili: quella cosa proprio non la dovevo dire. È solo che dal punto di vista di chi è sempre molto impegnato nelle faccende domestiche, il dover montare l’albero per poi, dopo poco più di un mese, trovarsi a disfarlo appare anche come una gran seccatura. E qui chiedo le attenuanti: se questo pensiero mi è venuto per l’abete (rigorosamente di plastica), non mi ha neppure sfiorato per il presepio, che invece, in casa mia, non deve mancare. Ricordo che anni fa ne portai una versione ridottissima in ufficio: una piccola capanna di legno, costruita da mio papà, che conteneva soltanto la Sacra Famiglia e che tenevo su una mensola accanto alla scrivania. I miei colleghi burloni riuscirono anche a rapirmi Gesù Bambino, chiedendomi poi, via mail, un riscatto per riavere la statuina. L’intento fu più goliardico che blasfemo e, ricordo, riuscii persino a riderne.

Ma torniamo al Natale 2020: dunque, assodato che l’albero si farà, per quanto riguarda casa mia è stato stabilito che l’abbellimento sarà ancora più luminoso del solito, con l’aggiunta di qualche filo di luci colorate da sistemare all’esterno per fare gli auguri da lontano, come DPCM comanda, a chi passerà vicino a casa nostra.

Riflessione personale, la prima di Natale: sì, meno male che c’è ancora qualcuno accanto a me che mi ricorda che la vita non è soltanto corse, scadenze e cose da fare; ci deve essere spazio anche per qualcosa di squisitamente decorativo e rituale, come appunto la preparazione dell’albero. Un tempo trascorso insieme con l’unico scopo, per nulla scontato, di “stare” insieme. Non perché costretti, ma perché è proprio ciò che vogliamo. Almeno a Natale.

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