LA BARZELLETTA DI PUTIN ALLO STREMO

La domanda che molti si sono posti, all’indomani della recentissima offensiva russa in Ucraina, che ha di nuovo alzato l’asticella di questa guerra, tanto bizzarra da parere, talora, incomprensibile perfino agli addetti ai lavori è: ma Putin non era in ginocchio? Gli arrembanti Ucraini non stavano stravincendo? I missili russi non erano da tempo agli sgoccioli?

E, adesso, inopinatamente, ecco che quegli stessi missili piovono a grappoli sulle città ucraine, colpendo perfino Kiev e smentendo le smargiassate di Zelensky. La guerra non è materia per i fanfaroni: fin dai tempi del Miles Gloriosus plautino, l’aurea regola del “chi si loda s’imbroda” ha dominato la polemologia. Così, oggi, al di là degli atteggiamenti burbanzosi, siamo qui ad assistere all’ennesimo atto di questa, che, se non fosse una terrificante tragedia, potrebbe sembrare una farsa: un’ulteriore svolta nelle operazioni, cui corrisponde un ulteriore ventaglio di ipotesi e, naturalmente, l’inevitabile florilegio di considerazioni a vanvera. Cui, cela va sans dire, si aggiungono le mie, ultime e mignole. Basarsi sulle dichiarazioni di leader e succedanei, in un conflitto che abbia queste caratteristiche disinformative planetarie, non è, evidentemente, un buon sistema per capirci qualcosa. Perciò, cerchiamo di fare qualche ipotesi un tantino meno scema del solito, per cercare di spiegare cosa sta succedendo.

Tanto per cominciare, le riserve militari russe sono materia quantomeno oscura: lo sono sempre state, fin da quando l’intelligence tedesca considerava esausta l’Armata Rossa, mentre Stalin preparava la gigantesca offensiva nota come “Operazione Saturno”. E come andò a finire lo sanno Paulus e la sua seconda armata e, purtroppo, la nostra Armir. Non è cambiato molto, in verità: ciò che si raduna negli arsenali e nelle caserme dell’ex Unione Sovietica non è sempre di facile decifrazione. Facile, perciò, valutare queste risorse al ribasso, sulla scorta di rovesci piccoli e grandi cui le truppe di Mosca siano andate incontro.

Attenzione, però: un conto è constatare certe carenze delle forze armate russe e altro darle per spacciate: nella propria faretra, Putin ha ancora molte frecce. Non solo perché, un po’ cinicamente, ha mandato i suoi soldati allo sbaraglio, tenendo da parte alcune delle armi tattiche più interessanti del suo arsenale militare, come i tank Armada o i lanciamissili Buratino, ma anche perché questa guerra si è rivelata un conflitto settoriale, in cui non è stato dispiegato tutto il potenziale russo.

Va detto che alcune armi e, segnatamente, l’aviazione, costretta ad imprecise incursioni ad alta quota dall’ottima contraerea ucraina, e la marina, limitata a un utilizzo sottocosta decisamente dispendioso e pericoloso, si sono rivelate inferiori alle previsioni. Tuttavia, nel campo della guerra evoluta, dell’electronic warfare, della superiorità tecnologica, è indubbio che la Russia possieda ancora degli atout da giocare: i missili da crociera sono uno di questi. In generale mi pare che la prossima fase di questo scontro si avvicini molto al concetto di “guerra da remoto”. Fallite le offensive terrestri, sembrava che Putin potesse accontentarsi delle annessioni sancite dai referendum in Donbass: viceversa, questa offensiva missilistica ci parla di un prolungamento della guerra sine die. Come se, come altre volte è successo nella storia, la guerra si autoalimentasse, con situazioni sempre nuove: la guerra dei trent’anni rende benissimo l’idea di ciò che intendo.

E’ anche come se si ripetesse quanto accaduto nella seconda guerra mondiale: il passaggio dal Blitzkrieg al conflitto convenzionale c’è già stato e, ora, possiamo aspettarci soltanto due sviluppi prevedibili. I negoziati, per porre fine agli scontri, a condizione che si mettano d’accordo tutti i contendenti, espliciti e impliciti, della guerra: USA e Russia, Ucraina e UE. Oppure una guerra in cui, un po’ alla volta, vengano messi in campo tutti gli strumenti disponibili: e questa guerra la vincerebbe la Russia, alla fine, perché Europa e Stati Uniti non sono in grado di rifornire l’Ucraina di armi come se non ci fosse un futuro, senza badare alle conseguenze per loro del prolungamento di questo appoggio agli aggrediti.

Certo, non è giusto: ma questa è la guerra, bellezza. Io credo che, alla fine, prevarrà la Real Politik: ma la strada verso i negoziati appare ancora lunga, stante l’assoluta inconsistenza dell’ONU, che dovrebbe essere l’attore principale di questi accordi di pace. Così, aspettiamoci che Putin tiri fuori dalla propria manica ancora altri assi. E che le liste dei morti, dei feriti, dei profughi, continuino ad allungarsi, purtroppo.

Un pensiero su “LA BARZELLETTA DI PUTIN ALLO STREMO

  1. Federico Ungaro dice:

    Come asso mi sembra scarsino. Mero terrorismo sulle città e la popolazione civile. Quando i tedeschi passarono dal tentare di distruggere la Raf a bombardare Londra gli inglesi capirono di aver vinto la Battaglia di Inghilterra. Le “wunderwaffen” non vincono le guerre. La seconda guerra mondiale è stata vinta con gli Sherman e i T34 non con i Tiger o le V2

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