LA BALENA E IL NOSTRO BISOGNO DI LIETO FINE

di ALBERTO VITO (sociologo e psicologo) – Nelle scorse ore giornali e TV di tutto il mondo hanno rilanciato una notizia straordinaria: nel Massachusetts un pescatore subacqueo di aragoste è finito in bocca ad una balena. Ne è stato sputato fuori dopo pochi secondi ed è uscito dall’avventura praticamente indenne, riportando solo qualche contusione.

La vicenda biblica di Giona può avere dunque un fondamento? La fantasia di Collodi era riuscita ad immaginare qualcosa di possibile, con Pinocchio? La suggestione per noi umani è forte. In effetti, dopo che la notizia ha fatto il giro del mondo, sono iniziati i dubbi: si tratta di una fake? Secondo gli esperti, il fatto è estremamente improbabile, ma non assolutamente impossibile.

Pochi anni fa in Sudafrica un altro sub aveva raccontato una storia sostanzialmente simile, tuttavia senza assurgere a fama planetaria, sia pure per poche ore. I grandi cetacei nuotano sott’acqua a bocca spalancata per inghiottire plancton e piccoli pesci, ma un uomo è troppo grande per essere inghiottito. Perciò, la megattera è salita al livello d’acqua per liberarsi dell’ospite indesiderato, sputato fuori sano e salvo.

Vera o falsa che sia, il successo di questa storia parla anche di noi.
Del nostro bisogno di sognare, di credere alle favole, di sperare che l’improbabile qualche volta avvenga davvero. Mai come ora desideriamo essere stupiti da storie a lieto fine.

Sarebbe bello se a breve fosse data notizia che un cappellaio matto davvero esiste e parla ad una bambina in una città bellissima e inusuale.

Ma mentre sto scrivendo ascolto la radio.

E la realtà terribile è che purtroppo proprio oggi due bambini innocenti sono stati uccisi vicino Roma senza alcuna spiegazione accettabile. Di cosa parliamo? Cosa dire?

 

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