KIM, L’ULTIMO SOVIETICO

di ARIO GERVASUTTI – Non possiamo muoverci da casa, ma grazie alla Corea del Nord possiamo viaggiare nel tempo. Ritornare negli Anni ’50, ’60, ’70, quando il mondo era pieno di posti in cui si poteva nascere, vivere e morire senza che nessuno lo sapesse. E non importa se eri l’ultimo della classe o il capo del clan: la vita continuava con o senza di te, e non stava scritto da nessuna parte (letteralmente) che avevi lasciato questa valle di lacrime, come si sospetta abbia proditoriamente fatto ora il leader supremo Kim Jong-un.

C’era una volta un tizio, signore di tutte le Russie, che si chiamava Juri Vladimirovic Andropov: era stato capo del Kgb prima di diventare padrone dell’Unione Sovietica per due anni. Ma dopo poco più di un anno dalla sua ascesa al trono, un raffreddore gli impedì all’ultimo minuto di partecipare a un evento. Il “raffreddore” durò quasi un anno. In realtà un’insufficienza renale lo sottrasse ben presto all’affetto dei suoi più o meno cari, ma questo rimase un dettaglio noto a sette-otto amici più cari, non di più. E quando la televisione di stato in lugubre bianco-e-nero diede l’annuncio della sua dipartita, era già imbalsamato da un pezzo.

Era il 9 febbraio 1984. Per i non millennials, due anni prima l’Italia aveva vinto i Mondiali in Spagna con Rossi, Tardelli e Altobelli: così, per avere un punto di riferimento storico. E mentre noi espugnavamo il Sarrià, mezzo mondo viveva nell’assoluta inconsapevolezza di ciò che avveniva non solo nel quartiere dietro casa, ma anche nel Palazzo da cui tutti dipendevano.

Oggi, quasi 40 anni dopo, nell’ultima ridotta di quel mondo si vive (e muore) ancora così. Per qualcuno – non solo per i troll da social che disprezzano l’inutile giornalismo – è perfino giusto e condivisibile. L’ex senatore Antonio Razzi, per dire, è categoricamente sicuro: “Kim Jong-un morto? E’ una fake new” (pronunciato così, com’è scritto: in italiano “fache nev”, da non confondersi con l’inglese “feik niù”). Razzi non è uno che si affida alle voci, va sul sicuro lui: “Me l’ha detto l’ambasciatore coreano”. Allora possiamo stare tranquilli. Lunga vita a Kim e a Razzi: quando avremo nostalgia dei nostri vent’anni, potremo sempre contare su di loro. Basterà tirarli fuori dal frigorifero.

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