IUS SOLI E VOTO AI 16ENNI: LETTA SBARCA DA MARTE

di ARIO GERVASUTTI – Enrico Letta è una brava persona. Equilibrata, educata, colta, intelligente, disponibile. Perfino simpatica. Perciò umanamente dispiace che le prime uscite da segretario rifondatore del Partito Democratico siano state così deludenti. Aveva un bel foglio bianco, e tutta la fantasia a disposizione per scrivere una storia nuova, per cambiare il racconto, per aprire le finestre di una stanza avvizzita dalla naftalina. E invece.

Sarò distratto e semplicistico, ma del suo discorsone programmatico mi restano in mente i “nuovi” capisaldi che saranno le “battaglie identitarie” del nuovo Pd: lo Ius soli e il voto ai sedicenni.

Ora: lungi da me la volontà di sminuire o denigrare due temi che comunque la si pensi hanno la dignità necessaria a far parte di un dibattito politico. Ma un “dibattito politico” – appunto – è qualcosa che può forse andar bene per le pensose analisi di qualche commentatore, per qualche dibbbatttito nelle cellule di partito. Ma non è quello che passa per la testa della gente, oggi.

Come avrebbe detto Nanni Moretti quando ancora aveva cose interessanti da dire, io di mestiere “faccio cose e vedo gente”: ne vedo tanta, forse più di quanta ne vedano – purtroppo – molti politici. Di tutti i ceti sociali, generi, età, fede politica e perfino nazionalità. E vi posso giurare che nessuno, ma proprio nessuno ha mai una sola volta accennato in questi mesi alla questione dello Ius soli o del voto ai sedicenni.

Certo, è possibile che tutte queste migliaia di persone siano totalmente fuori da un minimo contesto sociale: il fatto che abbiano in qualche modo a che fare con me lo confermerebbe. Eppure le sento parlare di pandemia, di lavoro, di tasse, di Italia e Unione Europea, di sanità disastrata, di università sfasciata, di scuola devastata, di città invivibili, di prezzi impossibili, di figli e anziani da curare. Perfino di Milan e Inter.

Ma mai, dico mai sentiti fare un cenno alla possibilità che il loro figlio o nipote sedicenne abbia la necessità di votare.

Forse perché li conoscono, forse perché ricordano come erano loro (come eravamo tutti) a sedici, diciassette anni. Forse anche perché già ci sono milioni di trentenni, quarantenni e cinquantenni e oltre che votano con il raziocinio e la capacità di analisi di una seppia: aggiungere altri due milioni di fulminati non sembra una priorità fondamentale per questo Paese. Senza contare che partire dai diritti senza prima far presente che esistono i doveri non sembra un messaggio del tutto condivisibile: ma lo dico da vecchio retrogrado e oscurantista, sia chiaro.

E lo Ius soli? Anche qui: ho molti amici stranieri. Di tutte le nazionalità, anche africani o dell’est, a scanso di equivoci. Alcuni anche con situazioni precarie dal punto di vista del lavoro o dei permessi di soggiorno. E con loro negli anni ho parlato di tutto, ma nemmeno una volta che abbiano fatto cenno al problema dello Ius soli. Così come non mi risulta che i 4 milioni di italiani che vivono in altri Paesi, ad esempio gli 850mila che vivono in Germania, stiano conducendo battaglie epocali per garantire ai loro figli fin dalla nascita la cittadinanza del Paese che li ospita.

Attenzione: non sto dicendo che non sia un argomento discutibile (in senso letterale: che si può discutere). Sto dicendo che farne un tema identitario in piena pandemia, anzi “il” tema identitario di un partito che ambisce ad essere maggioritario nel rappresentare 60 milioni di italiani mi sembra – posso dirlo? – alquanto bizzarro. Ora come ora ha più l’aria di una bella campagna elettorale a favore di Salvini.

E’ un problema che riguarda molte persone? Vero. Sono 800mila i figli di stranieri nati in Italia che non avendo ancora compiuto 18 anni non hanno raggiunto i requisiti per ottenere la cittadinanza italiana. Segnalo però – e sono solo le prime “categorie” che mi vengono in mente – che in Italia ci sono ad esempio 500mila autistici. Ci sono 3 milioni di persone con più di 15 anni che hanno disabilità funzionali gravi. Ci sono 1,8 milioni di ipovedenti e ciechi. E potrei continuare a lungo nell’elenco di chi, in questo Paese, vive condizioni di difficoltà nemmeno paragonabili alla “mancanza della cittadinanza italiana”, e alle quali lo Stato non riserva le attenzioni che dovrebbe. E tralascio appositamente dall’elenco le persone che non hanno un lavoro, dal momento che quella è una condizione che si spera transitoria.

Come dite? Che non è corretto fare una classifica dei diritti negati? Vero: ma la classifica l’ha fatta Letta, e al primo posto ha messo Ius soli e voto ai sedicenni. Spero sia consentito obiettare che è come assegnare oggi lo scudetto al Crotone.

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