In Italia c’è un sacco di gente che ha un rapporto perverso con la democrazia. In tanti la amano e la idolatrano quando vincono, ma quando perdono cominciano a guardarla di traverso. E’ così anche stavolta. Se un risultato appare certo da subito, prima degli ultimi spogli periferici e degli zero virgola, questo risultato certo è che l’Italia si fa ogni giorno di più meloniana. Felicemente meloniana. Entusiasticamente meloniana. Non ci sono se e non ci sono ma, così è.
Piaccia o non piaccia, questa è la democrazia. Funziona così: anche se vince qualcuno poco gradito, di cui possiamo pensare tutto il peggio, quel risultato è sacro. E va rispettato. L’ha deciso la maggioranza, il numero più alto di noi, dunque è il volere generale. Comunque quello preponderante, dunque dominante.
Mezza Italia può frignare, può strapparsi le vesti per questa deriva variamente definita (populista, sovranista, fascista, eccetera eccetera), può berciare fin che vuole, ma il risultato non si discute. Si accetta. Si subisce. E fine.
Certo qualcosa si può dire di fronte alla singolarità del fenomeno. Indiscutibilmente, il successo è tanto più schiacciante quanto più appaiono deprimenti certe scelte meloniane: è pur sempre lei, la capessa, a portarsi dentro il governo personalità del valore e della competenza di una Santanchè, di un Sangiuliano, di un Lollobrigida, di una Casellati. Sembrerebbe a tutti che in un posto normale basterebbero questi nomi per raffreddare gli animi del grande consenso, eppure. Eppure ancora di più gli italiani votano in questo modo. Meloni for presidente, Meloni for ever.
E allora fine dei dibattiti. Portiamoci a casa anche quest’altro trionfo e sportivamente applaudiamo. E chi ha perso, e chi non ne può più? In democrazia: si rimbocca le maniche per prepararsi al prossimo giro. Dicono i filosofi che le sconfitte sono più utili e insegnano di più rispetto alla vittorie gloriose. Basta imparare umilmente la lezione. Ecco, forse è in questo passaggio che l’Italia perdente, l’Italia della minoranza colta e accigliata, ancora non ci ha capito niente. Imparare, umilmente: nel suo vocabolario hanno strappato le pagine con questi vocaboli.
E’ per questo che si fa sempre più forte una certa sensazione: per quanto possa inventarsene, la Meloni comanderà ancora a lungo, molto a lungo. C’è tutta un’opposizione che lavora alacremente per lei.