Ridotta la tensione, siamo tornati a concentraci sui tre di cui sopra: Evani porta il nome di battesimo Alberico, come un elfo, ha la faccia acconciata che lo fa assomigliare a un identikit, tra baffi e occhiali e capello fluttuante; di fianco Oriali se la tira come un modello di Dolce&Gabbana, mai una piega alla bocca, mai una ruga sulla fronte, la profonda espressione ricorda al mondo che il doppio lavoro, Inter e nazionale, rende riflessivi e saggi come accadde nel mondiale dell’82, quando don Abbondio Lele se la svignò dinanzi alla prospettiva di marcare Maradona e Zico e consegnò l’impegno a Gentile, per fortuna nostra. Vialli, alle spalle di tutti, era un bambino che ha ritrovato il senso della vita e su di lui nulla si può e si deve aggiungere se non un augurio.
Di certo Mancini da remoto deve aver raddoppiato la propria attenzione, perché Evani da solo non ce l’avrebbe mai fatta e Oriali era troppo preso dal trucco e parrucco nella sua recita eterna. Capisco lo sforzo, dunque, le reni dell’Estonia sono state infine spezzate, ora si viaggia con piena fiducia per affrontare la Polonia e poi la Bosnia Erzegovina, avversari che, prevedo le parole di Rimedio and Di Gennaro, stanno attraversando un momento più felice di quello degli estoni. Sarà battaglia, dunque, stringiamoci a coorte e speriamo che il cittì guarisca al più presto, in modo da togliere l’ansia al povero Alberico che odia farsi chiamare Bubu e preferisce Chicco. Avessi detto.