IO SCHERZAVO, MA LORO FARANNO DAVVERO COSI’: ADEGUARE I CONCORSI AGLI ASINI

Com’era quella barzelletta? Di fronte all’insipienza del candidato, che ad ogni quesito offre in risposta il proverbiale boh!, la commissione decide di fare un ultimo tentativo e formula la richiesta che non si può fallire: qual è la sigla automobilistica di Bologna? E il candidato, scaltro a fuggire ogni favoritismo, cosa risponde? Mah!

Uno lo scrive per provocazione, immaginando che il rigore debba essere un presupposto imprescindibile nei concorsi pubblici, ma non è così scontato: dopo aver constatato la scarsa percentuale dei promossi nell’ultimo concorso per la magistratura (220 su 3797), e dopo aver appreso che le cause di questa ecatombe sono scarsa conoscenza del diritto, scarsa capacità argomentativa e ancor più scarsa padronanza della lingua italiana – come aveva sottolineato Luca Poniz, membro della commissione esaminatrice -, con sarcasmo viene da appellarsi alla clemenza della corte. Così, per ridere, avevo proposto di fare un concorso sciallo, di abbassare il livello, genere qual è la targa di Bologna, così da avere tutti promossi.

Visti i tempi che corrono, non sarà il caso di ricorrere a prove un po’ più morbide, un po’ più scialle, si diceva, per stare al passo coi tempi giustappunto, non sarà il caso di tenere a freno la matita rossa ed essere un po’ più indulgenti con eventuali strafalcioni, non sarà il caso di evitare di usare la mano pesante insomma (per altro già leggerina, sempre secondo Poniz)? Questo si diceva, a mo’ di provocazione.

Io almeno me l’ero immaginata come provocazione, non così Loredana Micciché e Cinzia Barillà, colleghe del Poniz e feroci nel criticare l’eccessivo rigore della commissione. Troppa severità, troppa durezza nella correzione dei compiti, dicono.

“Quelli che fanno errori di grammatica e sintassi non possono certamente essere promossi, ma non è possibile che li abbiano fatti oltre 3.500 candidati”, questo dice la Micciché, e vorrei rasserenarla: se è al corrente dello stato rovinoso delle competenze linguistiche dello studente medio italiano, comprovato da più fronti negli ultimi anni, è possibile eccome, anzi, perfettamente in linea con le aspettative, purtroppo.

Rincara la Barillà: “Credo che sia un giudizio ingeneroso e poco attento ai sacrifici soprattutto personali ed economici che sono stati sostenuti da tanti candidati. Il nostro concorso già da tempo si sta sempre più modulando come una selezione di secondo livello, voglio dire che spesso ci si possono accostare solo i giovani che hanno partecipato al tirocinio negli uffici giudiziari o frequentato scuole di preparazione al concorso, talvolta già avvocati o dottori di ricerca o funzionari in altre pubbliche amministrazioni dello Stato, che sono così riusciti a mantenersi per anni allenati nello studio. Alcuni di loro si formano anche nei nostri uffici, quindi mi domando se oltre al diritto di essere selettivi, abbiamo anche il dovere di interrogarci in ordine a quello che siamo stati in grado di trasmettere loro”.

Il diritto di essere selettivi, mi permetto, dovrebbe essere un dovere e quanto a interrogarsi sulle competenze trasmesse mi pare altrettanto opportuno, se non imperativo.

Sui sacrifici nessuno ironizza, ma possiamo sperare che un sacrificio sia solo un valore da aggiungere alla effettiva competenza raggiunta e non di per sé ragione per premiare un candidato?

La sensazione tragica è invece un’altra, la sensazione del piano inclinato, un Paese che spesso e volentieri fa del ribasso il proprio principio costitutivo e che trova sempre giustificazioni e attenuanti per rimuovere un ostacolo altrimenti insormontabile, nella magistratura come nella scuola, ad esempio.

Un po’ come Totò e Peppone alle prese con gli esami di licenza elementare, solo che in quei casi le attenuanti c’erano davvero.

Nessuna provocazione dunque, nessun sarcasmo, spazio alla realtà e alla clemenza della corte, senza ironia alcuna. Purtroppo. I posti non mancano, in qualche modo bisognerà pur riempirli. È il più classico dei giochi a incastro, se dove dovrebbe stare un cilindro ci finisce un cubo, poco male, una botta qui, una spintarella là, tutto quanto si sistema, una volta nella scatola chi si ricorda più come ci sono entrati i pezzi.

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