INUTILE CERCARE LA JUVE CHE NON C’E’ PIU’

A costo zero. E’ la frase più ricorrente in un mondo del calcio che affonda e affoga nei debiti. No money no honey, dicono le peripatetiche britanniche ai clienti di scarso portafoglio, non ho tempo da perdere in chiacchiere o mi dai soldi o non se ne fa niente.

Così accade a Torino, sito illustre della Juventus football club come sta scritto sull’insegna dell’azienda che fu anche un club. Perché questa è la realtà contemporanea, nonostante una vulgata di propaganda. Non c’è più la Juventus che conoscevamo, non ci sono gli Agnelli in quanto Gianni e Umberto, vivono i loro eredi, in tutti i sensi, ma costoro hanno connotati, educazione e impegno diversi da padri, zii e nonni.

La Juventus che in una stagione fa fuori prima Cristiano Ronaldo e poi Paulo Dybala risponde a criteri squisitamente contabili soprattutto perché i bilanci sono devastati e preannunciano nuovi versamenti di capitali dell’azionista di riferimento (nel frattempo, perquisizioni nelle sedi legali e solite accuse di falso in bilancio, tanto per tenere le acque calme). Il tempo del prestigio è concluso, la finanza, come in altri settori non sportivi, ha la prevalenza su qualunque altra voce a registro.

Chi porta ad esempio altre realtà imprenditoriali, dico Atalanta, non comprende quale sia la differenza tra chi compete, pur perdendo, per traguardi nazionali e internazionali e chi, invece, si soddisfa con un posto di retroguardia non essendo ossessionato dal risultato finale.

Juventus è un’insegna che ha cambiato il proprio storico logo, ma ha trasformato anche la propria identità. Il management, come si usa dire, è impersonale, al di là di figure folkloristiche e non esecutive, come quella di Nedved così era Bettega o lo sono altri ex in ogni società di calcio, la sinergia tra i due cugini, John e Andrea, offre immagini totalmente diverse dalla coppia dei fratelli Gianni&Umberto.

L’anno prossimo Juventus celebrerà un secolo con la stessa proprietà, un fatto unico al mondo, ma nulla di oggi è uguale al passato, in campo e fuori. Dybala fa parte di un sistema e di una mentalità che non fa distinzioni, sono tutti necessari ma non indispensabili, da Cantarella a De Benedetti, da Romiti a Montezemolo, da Fresco a Giraudo, da Boniperti a Vialli, da Roberto Baggio a Del Piero, due righe di ringraziamento poi si torna in fabbrica.

Lo slogan ripete: fino alla fine. Appunto, fine.

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