IMPARARE ALL’UNIVERSITA’ UN FINE VITA MIGLIORE

di ALBERTO VITO (sociologo e psicologo) – E’ stata istituita anche in Italia la prima cattedra universitaria in Cure palliative. La Statale di Milano ha nominato il professor Augusto Caraceni dell’Istituto Nazionale dei Tumori responsabile dell’insegnamento della materia ai futuri medici.

E’ un segnale importante che va nella direzione giusta di una medicina sempre più attenta ai bisogni soggettivi della persona e che riconosce importanza al delicato tema del fine vita.

Esistono malattie inguaribili, ma non esiste nulla di incurabile. Le cure palliative uniscono scienza e umanità. Quando le terapie non risultano più efficaci, occorre curare il dolore. Non solo il dolore fisico, che si può contenere sempre meglio mediante farmaci, ma il dolore globale, che coinvolge il paziente e i suoi familiari, da affrontare nella sua complessità.

L’argomento è molto delicato: quando proprio non si può guarire, si può aiutare a vivere e morire in modo dignitoso. Il grado di consapevolezza con cui si affronta il proprio fine vita dipende da molti fattori, legati alle risorse, alla cultura, al credo religioso, al sostegno che ognuno possiede. Tutto ciò riguarda solo molto parzialmente l’eutanasia, che è questione diversa. E’ un tema molto importante, basti pensare ad esempio a come causa covid sono decedute tante persone nello scorso anno, separate dai loro cari, nonostante gli sforzi molto generosi degli operatori sanitari, in conseguenza delle necessità infettivologiche.

In Italia esiste dal 2010 la legge n. 38 che getta le basi per una rete territoriale di cure palliative. Sinora, l’assenza di adeguati percorsi formativi ha contribuito alla scarsa informazione dei cittadini sui loro diritti. Formare la società intera a una visione non onnipotente della medicina, significa anche avere operatori sanitari capaci di affrontare e riconoscere la sofferenza, per dare dignità, senso e valore alla vita. Anche quando sta per finire.

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