IL VERO TRIONFO ITALIANO E’ CACCIARE LE NAVI DA VENEZIA

di JOHNNY RONCALLI – Inghilterra, Spagna, Francia, Germania, avversari ostici ma ridicoli, se confrontati ai rivali che gli italiani da sempre faticano a battere, sé stessi.

Le fatiche più grandi sono quelle spese per porre rimedio alle stupidaggini ideate e compiute da noi stessi. L’abusivismo edilizio mi sovviene, ma oggi è tempo di gioire per altro, per la fine di uno scempio che tutto il mondo ci invidia, in qualche modo.

Tutto il mondo ci invidia Venezia, perché se la retorica del posto unico al mondo mai ha avuto un senso, a Venezia trova il suo compimento: Venezia è unica e inimitabile. E a capo.

Siamo dovuti giungere all’anno 2021 per partorire un topolino, un topolino che in realtà è un mastodonte, come le grandi navi che inspiegabilmente si affacciano su San Marco e solcano il canale della Giudecca e che dal primo agosto 2021 non potranno più farlo.

Altri diranno che sono stati individuati transiti alternativi, a Marghera, io non me ne curo. Io semplicemente credo che i mastodonti debbano stare al largo, in alto mare, in ogni caso via da Venezia.

Fiumi di retorica per l’Italia che vince gli Europei di calcio, ma questo è il vero trionfo, il trionfo della civiltà e di un popolo che riesce a vincere l’avversario storicamente più scorbutico, sé stesso. Devo averlo già scritto ma non riesco a levarmi il tarlo: che fosse una follia, storica, estetica, civile, logica, pareva evidente a tutti, ma per qualche motivo al dunque non si arrivava mai. Più che Venezia pareva Itaca.

Il mondo ci invidia Venezia al punto che ci invidia anche lo scempio e proprio qui sta il trionfo. Venezia che torna a essere Venezia e se vuoi vederla, intravederla, visitarla, ti sobbarchi le fatiche di rito, poche in realtà, niente a che vedere con Ercole.

Ho visto immagini affascinanti, lo ammetto, colossi d’acciaio che per uno scherzo della prospettiva parevano palazzi del futuro affiancati alle storiche mura di pietra d’Istria, uno scherzo che avrei però apprezzato o mi avrebbe incuriosito in un libro di fantascienza.

E invece era tutto vero, erano palazzi mobili, vaghi ed erranti sulle acque della laguna, ma ignari del senso più nobile che appartiene alla vaghezza, il desiderio, l’inclinazione che porta ad esempio a fare un viaggio verso una delle meraviglie dell’universo, Venezia, avvicinandola in modo umano, lento, umile e intimorito.

Emozioni precluse al turista da transatlantico, al crocerista da Gardaland, ignaro e magari ignorante.

Sono certo, ora, che Gianni Berengo Gardin, nel fiore dei suoi quasi novantuno anni, avrà sfoderato uno dei suoi soffusi e dolci sorrisi. Lui, uno dei più grandi fotografi italiani e veneziano a tutti gli effetti, si è battuto per questo primo agosto, per questo successo, assieme al comitato “No Grandi Navi”, con tante fotografie che non hanno bisogno di commenti e che certificano questa vittoria come banale e scontata, tanto sono esplicite. Un po’ meno banale e scontata se consideriamo l’avversario.

Parole di Francesco Guccini:

“Venezia che muore, Venezia appoggiata sul mare

La dolce ossessione degli ultimi suoi giorni tristi

Venezia, la vende ai turisti

Che cercano in mezzo alla gente, l’Europa o l’oriente

Che guardano alzarsi alla sera, il fumo o la rabbia di Porto Marghera”

Ecco, ora Venezia potrebbe anche morire, accasciarsi su sé stessa e inabissarsi, novella Atlantide. Ma con dignità, guardando negli occhi gli uomini, gli stessi uomini che l’hanno creata, in fondo.

Ma non accadrà. Non può e non potrà mai accadere, perchè qui abita l’eternità.

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