IL TRISTE CAPOLINEA DELL’ANARCHICO COSPITO: STRAPPARE COMPASSIONE

Non so ora, ma anni fa le madri usavano un ricatto sociale con i bambini che rifiutavano certi cibi o il cibo in genere. Mia madre non faceva eccezione e ricordava che avanzare o rifiutare il cibo era peccato mortale, al pensiero dei tanti bambini in giro per il mondo che morivano di fame, in Biafra in particolare si diceva allora, e chissà quante madri poi sapevano davvero dove fosse questo Biafra. Ma poco importa.

Importa che si trattava certamente di una forzatura, perché nessun bambino in Biafra o altrove sarebbe morto o si sarebbe salvato per un capriccio in più o in meno, ma era una forzatura che induceva a un senso della misura, rendeva noto anche a noi mocciosi che in giro per il mondo c’erano coetanei, e popolazioni intere, che sul serio pativano la fame. E di fame morivano, per il motivo più ovvio e banale: non avevano cibo.

Resta il fatto che ancora oggi, nell’anno 2023, ci sono popolazioni che patiscono la fame e di fame muoiono, in Somalia innanzitutto, ma anche in Ciad, Madagascar, Repubblica Centrafricana, Congo, Burundi, Siria, Sud Sudan, Comore ma anche altrove nel mondo. Semplicemente perché da mangiare non c’è e l’unico pensiero è scovare qualcosa da mettere sotto i denti. Non c’è politica, non c’è filosofia, non c’è nulla, solo la fame da sconfiggere.

E allora, in modo banale forse, ma per me inevitabile, riemerge la questione Cospito, senza addentrarsi in questioni di merito politico, per quanto a mio avviso ancora più banali. Se il signor Cospito ha rimostranze, argomenti da mettere sul tavolo a supporto della sua posizione in merito alla detenzione dettata dal 41bis, e a suo dire ne ha per tutti e non solo per sé, quello che a me viene da dire è questo: faccia l’uomo e non il bambino capriccioso e argomenti.

Da uomo vero e non da mezzo uomo o bambino capriccioso porti avanti la sua battaglia se ci crede, a suon di scritti, confronti, dialoghi. La sua battaglia, ammesso che sia una battaglia sensata, ma per lui evidentemente lo è, non può essere un successo se anche ottenesse soddisfazione per pietà e compassione. Queste sono le armi del bambino capriccioso.

Rischia la vita si dirà, ma questo cosa ci dice della fondatezza delle sue convinzioni e delle sue rimostranze? Nulla. Solo che lui ci crede, non che siano in sé giuste e condivisibili. Un cedimento alle sue richieste sarebbe un cedimento per pietà e non per ragione e riflessione, semplicemente perché non è stato scelto un modo dialettico di far valere le proprie motivazioni. Ma del resto non lo erano nemmeno le armi da fuoco e le bombe che lo hanno portato in carcere.

Le cose si cambiano perché è giusto cambiarle, non per compassione. Lui che ha i denti, combatta, cominci la lotta se ci crede davvero, sia uomo ed esprima le sue opinioni, civilmente, anche dal carcere, si può e ci sono precedenti più che illustri, sia pur con motivazioni ben più nobili.

Soffrire la fame non dovrebbe essere una scelta per una persona civile e intelligente e lo sciopero della fame dovrebbe essere lo strumento della disperazione e dell’impotenza vera, quella ad esempio del regista iraniano Panahi, appena rilasciato su cauzione ma da mesi in carcere per il semplice fatto di essere un regista, di avere delle idee e di esprimerle, non certo per aver attentato alla vita di qualcuno.

Le cause si combattono da uomini veri, con la dialettica e con le argomentazioni. Le bombe, le gambizzazioni, i sequestri e anche gli scioperi della fame non sono argomenti.

Certo si passa subito per fascisti a esprimere una tale posizione, ma anche qui poco importa, io possibili pensieri più raffinati non ne vedo. Qualsiasi uso politico a me pare fazioso, pretestuoso e fasullo.

Anarchici, antagonisti, sinistra, destra, molotov, intimidazioni, barricate: siamo un Paese tenuto in stallo.

Io penso a mia madre e penso a quando ero bambino e francamente a me pare tutto molto semplice e chiaro.

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