IL SINDACO SCHWA

di MARIO SCHIANI – Se i sindaci non ci fossero bisognerebbe inventarli. Non per amministrare i Comuni, quello è uno sforzo che sembra superiore alle loro forze, ma per dilettarci con le loro trovate.

Ecco farsi avanti, per esempio, Mario Gargano, sindaco di Castelfranco Emilia, in provincia di Modena, il quale ci fa sapere che, d’ora in avanti, le comunicazioni ufficiali del Comune, o in ogni caso i post istituzionali sui social, faranno uso della “ǝ”, la “e” rovesciata, simbolo fonetico denominato “schwa”, quando sarà necessario scrivere “tutti”. La desinenza maschile – e maschilista – verrà dunque sostituita dalla desinenza neutra: “tuttǝ” vorrà così dire sia “tutti” sia “tutte”. “Un’idea (o ideǝ?) del nostro giovane assessore Leonardo Pastore – ha spiegato il sindaco – il quale, laureando in Comunicazione (o Comunicazionǝ?), ha proposto appunto l’utilizzo della ǝ. Abbiamo capito subito che era una grande occasione: questo periodo della pandemia ci costringe all’allontanamento, mentre così abbiamo provocato un messaggio di avvicinamento, di attenzione e di cura verso il prossimo”.

Dice questo, il sindaco, con il tono di chi ha fatto 6 (o 9?) al Superenalotto. Ora bisognerà trovare un volontariǝ che gli dica come, pur riconoscendo le sue buone intenzioni, il riavvicinamento lo otterremo a colpi di vaccini più che di accorgimenti linguistici. Fosse bastato ribattezzare la Spagnola “Spagnolǝ”, i nostri avi se la sarebbero cavata: purtroppo non è andata così. Oggi, anche da parte dei Comuni ci vorrà qualcosa in più di un giochetto con la tastiera per dare una mano alla gente a uscire dalla paura e della frustrazione di questa stagione infelice.

Il sindaco Gargano non si deve tuttavia turbare: egli non è affatto il solo a vivere nella convinzione che basti un gesto simbolico, accompagnato dalle buone intenzioni, per cambiare d’un colpo tratti sociali radicati e pregiudizi che affondano le radici nel tempo e nella storia. Certo, servono anche quelli, per carità, ma in tempi di pandemia è forse meglio guardare al concreto. D’altra parte, bisogna capire il sindaco: egli si trova circondato da esempi che arrivano da tutto il mondo.

Nella serie televisiva “Grace and Frankie”, per esempio, due signore d’età, interpretate dalle bravissime Jane Fonda e Lily Tomlin, si ritrovano sole, lasciate dai rispettivi mariti dopo matrimoni durati quarant’anni, perché i due hanno scoperto di essere gay e hanno avviato una relazione tra di loro. A parte il leggero sconcerto degli spettatori di una certa età, che ritrovano Martin Sheen in un ruolo un poco diverso da quello ricoperto in “Apocalypse Now”, dove era il capitano Willard, il soldato che andava a scovare Marlon Brando nel fondo della giungla cambogiana, la serie è divertente e segue le avventure delle due signore, improvvisamente e inaspettatamente single, e dei due signori, alle prese con una relazione tutta nuova. Il problema non sta nella trovata, nell’intreccio e neppure nelle interpretazioni, quanto in un’idea di omosessualità che, nella sua estrema benignità, appare un tantino forzata. Un parco dove le coppie gay vanno a passeggiare viene presentato come una sorta di ombreggiato eden, illuminato da una luce calda e soffusa, nel quale troviamo coppie di ogni età, vestite in comodi pantaloni “chino” e camicie dai colori pastello. Un tentativo di rappresentare la normalità dei rapporti omosessuali che appare del tutto artificiale, costretto e perfino ridicolo. Che differenza dal passato, quando i gay in tv e al cinema dovevano essere per forza effemminati, sfacciati e un tantino trash, oppure raccolti in bar poco illuminati e scossi da musica percussiva…

L’una e l’altra rappresentazione sono distanti dalla realtà per il semplice fatto che di realtà non ce n’è una sola, come non ce n’è una sola nel mondo degli eterosessuali, degli idraulici, dei suonatori di sassofono, degli amanti dei profiterol o in qualunque altra categoria si vogliano catalogare gli umani sulla base di sessualità, professione, inclinazioni artistiche e gastronomiche.

Più ancora, rappresentare queste “realtà” in colori pastello non le fa diventare per magia come vorremmo che fossero. La “ǝ” non unirà i generi e i pantaloni “chino” di “Grace and Frankie” non sconfiggeranno l’omofobia. Ci vuol altro: cultura, impegno e qualche volta perfino coraggio. Anche il Comune di Castelfranco Emilia potrà dare il suo contributo per il bene di tutti. Ebbene sì, ho scritto “tutti”: spero che per questo il sindaco non mi spedisca multǝ.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *