IL SIGNORE DEI MARI

di GHERARDO MAGRI – Charlie Dalin arriva per primo al traguardo della nona Vendée Globe, il giro del mondo senza scali in barca vela. E’ lui il vincitore? No, è il francese Yannick Bestaven: arrivato terzo, ma con un abbuono di 10 ore e 15 minuti, salta al primo posto. La giuria ha considerato la sua deviazione di rotta per andare a salvare un collega naufragato in pieno oceano Pacifico.

Questa pazza corsa segue una rotta folle: dalla Francia, giù per l’oceano Atlantico, le Azzorre, il Capo di Buona Speranza, poi ancora verso la Nuova Zelanda, Capo Horn e il Punto Nemo, il luogo più lontano da qualsiasi terraferma, e infine la risalita verso la Francia. Un regata solitaria di 80 giorni e 14 ore per un totale di 25.000 miglia marine (46.000 km). La chiamano l’Everest del mare, si capisce perché. Viene organizzata ogni quattro anni, come le olimpiadi o i mondiali di calcio.

In questa cornice suggestiva di 33 atleti-avventurieri-esploratori che accettano sfide sovrumane, la notizia è il riconoscimento ufficiale di un atto di generosità e di solidarietà. Abbiamo capito bene. Posso essere smentito, ma credo che la vela sia l’unico sport in cui succedono queste cose strane. Tra l’altro, annotiamo zero proteste e riconoscimento senza problemi della vittoria al caritatevole Yannick.

I paragoni vanno subito al triste spettacolo di un calcio esasperato e messo a nudo dal silenzio degli stadi. Gente milionaria che si sfida all’ultimo duello (di volgarità desolanti) o che si lascia andare a polemiche e pianti da oratorio. Dobbiamo ricorrere a un tredicenne della Pelota FC Aprilia, che nel 2018 sbaglia di proposito un rigore perché ingiusto, per avere esempi positivi da citare.

Spostando le lancette indietro del tempo, ricordiamo il grande Borg che si spostava in fondo al campo, confutando le decisione del giudice arbitro a suo favore, quando riteneva che la pallina dell’avversario fosse dentro. Anche nei momenti delicati della partita. Possiamo scomodare anche la famosa scena della borraccia Coppi-Bartali.

Ma tutti questi gesti nobilitano gli sportivi, non c’è traccia di regole che premiano il fair play.

Voglio anche parlare dell’alpinismo, perché la regata estrema è paragonata alle imprese epiche sulle vette più alte. Parliamo di sfide personali al limite dell’impossibile nei luoghi più inaccessibili del pianeta, in balia degli eventi atmosferici. Se vogliamo essere sinceri, dietro tante imprese verticali si nascondono colpi bassi e polemiche taglienti. L’esempio più eclatante affonda nella storia con la conquista del K2 di Compagnoni e Lacedelli, che si porteranno nella tomba le grandi bugie su come è andata lassù, a scapito del valoroso Walter Bonatti (per fortuna riabilitato da un colpevole CAI che ha impiegato ben 54 anni a riconoscere la verità). Gli esempi di salvataggio eroico ci sono anche in alta quota – Simone Moro per esempio premiato con la medaglia d’oro al valore civile -, ma le cronache abbondano di invidie e di rancori.

L’acqua degli oceani mette d’accordo tutti e ci regala il profumo di un’umana cavalleria che non c’è più. Un velista che non esita a buttare via la gara per soccorrere un avversario in naufragio: la vittoria è doppia. Dello sportivo e dell’uomo.

Un pensiero su “IL SIGNORE DEI MARI

  1. giacomo dice:

    mi piacerebbe ripartire da qui per accompagnare le nuove generazioni. Grandi azioni eroiche da un inserire anche in una normale eroica vita di tutti i giorni. grazie Ghera!

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