IL PROBLEMONE DELL’ITALIA E’ LA MASCHERINA

di MARCO CIMMINO – Passi il lancio del gladio sulla bilancia, passi pure la mela sulla zucca del figliuolo. Ma la mascherina, santa pace, la mascherina! Vi pare che possa assurgere a metafora di libertà e di emancipazione dalle catene? Sarebbe come lanciare una campagna politica per l’abbandono dell’uso del cucchiaino: morte al maledetto simbolo di oppressione, che ci impedisce di mangiare la macedonia con le mani!

Io sono qui, nel mio studio, che sto affrontando un barattolo di gelato panna e cacao, rigorosamente edulcorato al maltitolo, e il mio cucchiaino mi guarda come per dire: ma sei scemo? Sarò pure scemo, ma, allora, quale dovrebbe essere l’implacabile giudizio della storia per coloro che fanno del mettersi o meno la mascherina una battaglia per il libero arbitrio?

La mascherina mica ce la mettiamo perché qualcuno vuole ridurci in schiavitù: lo facciamo perché voci autorevoli ci hanno spiegato che serve a tutelare noi e gli altri dagli spiacevoli incerti del coronavirus. E’ pur vero che altre voci autorevoli ci hanno spiegato l’esatto contrario e che, anzi, qualcuno di quelli che ci spiegavano che la mascherina era del tutto inutile, oggi ne sono i paladini. Il che non aiuta ad accettare fiduciosi la voce della scienza. Tuttavia, nel dubbio, mi pare che convenga indossarla, perlomeno nelle circostanze in cui il maledettissimo virus potrebbe saltabeccare da uno all’altro: tipo i posti al chiuso o quando balliamo cheek to cheek con una bella sconosciuta.

In ogni caso, mi suscitano un sentimento misto di sconcerto e ilarità quei leaders politici – da una parte ci dà dentro Salvini, dall’altra tiene botta Di Maio – che fanno della mascherina l’oggetto transazionale del proprio consenso: mi pare che, in questi casi, si possa constatare il decesso definitivo dell’ideologia politica, sostituita da una logica da venditori di spazzolini elettrici.

Addio grandi progetti a lunghissima gittata, so long ad un’idea di Italia futura che coinvolga le prossime generazioni. Oggi, ci si strappano le vesti per la mascherina sì o no, per l’uso delle espadrillas d’estate o per il colore delle ortensie in giardino.

Tanto, le prossime generazioni avranno da pensare ai debiti da ripianare, che questi napoleoncini d’oggi hanno accumulato e che i nostri nipoti dovranno restituire. E loro vaneggiano di mascherine, cercano in ogni modo di accreditarsene l’abolizione al più presto, primo luglio, no 15 luglio, laddove, al posto loro, mi procurerei delle mascherone. Dietro cui eventualmente nascondersi, con ritrovato gusto del pudore.

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