IL PROBLEMA NON E’ TIKTOK, SIAMO NOI ADULTI

di CRISTIANO GATTI – E va bene, il Garante blocca TikTok, il social ragazzino che per via indiretta ha portato la piccola Antonella, 10 anni appena, a strangolarsi con una cintura per reggere la farneticante sfida di questo mondo allucinante, un blocco che prevede la richiesta di valutare bene l’età degli aderenti prima di accettarne l’iscrizione.

Problema risolto, penseranno molti di noi. Di noi sedicenti adulti, anche se lo siamo solo per età anagrafica, non certo per livello mentale. Ancora una volta, tanti di noi si metteranno il cuore in pace scaricando ogni responsabilità su qualcuno o qualcosa al di fuori di noi.

Quelli di noi che invece hanno ancora una coscienza non possono impedirsi una domanda pesantissima: basta chiudere TikTok perchè le piccole Antonelle non cadano più in quella voragine di nero e di vuoto? E’ davvero così semplice, o piuttosto non è il caso ammettere che questa soluzione è una foglia di fico sulla nostra inettitudine di genitori moderni?

Questa è la faccenda centrale, non TikTok e tutti quanti i social del mondo moderno. Se il papà di Antonella arriva a dire che il social era il mondo della sua piccola, che lei viveva per e in quello, e che lui non si poneva problemi perchè si fidava di lei (di una bambina di 10 anni???), davvero possiamo assolverci e accontentarci della soluzione censura, con l’Autorità decisa a bloccare TikTok?

Guardiamoci negli occhi: i social non c’entrano nulla. I social sono strumenti, arnesi, meccanismi, è il loro utilizzo caso mai a renderli satanici. Come i soldi. Consentono azioni sublimi e azioni funeste, dipende dalla nostra scelta. E allora: possiamo seriamente pensare che i nostri ragazzini siano in grado di scegliere? A dieci, dodici, quattordici anni?

Via, basta ipocrisie: chiudere i social ai più indifesi è una mossa d’emergenza, va presa, ma non è chiudendo i social che rendiamo giustizia ad Antonella e a tutti i ragazzini che ogni giorno, anche senza morirci, in quelle dannate faccende sbattono via i loro anni più belli e più fecondi.

Almeno, riconosciamolo: i veri mandanti siamo noi. Noi genitori, noi sedicenti adulti, quei tantissimi di noi che ormai delocalizzano fuoricasa ogni problema e ogni responsabilità. Se i figli girano storti è colpa degli amici, della scuola, della società, certo anche dei social: di sicuro non è colpa nostra, che invece non facciamo mancare niente, che facciamo di tutto per accontentarli in tutto e per tutto.

Ecco, non sarebbe mai troppo tardi per fare una frenata e provare un veloce esame di coscienza. Che cosa facciamo, noi padri e madri, per attrezzare i ragazzini contro i rischi e le fatiche del vivere? La tendenza degli ultimi decenni è molto chiara: cerchiamo di abolire il problema, di eliminare l’ostacolo. Prendiamo anche il periodo Covid: i nostri ragazzini non fanno che sentire i genitori, noi, nelle nostre intemerate lamentose, siamo stanchi, siamo arrabbiati, siamo esasperati. Ripensandoci bene, è un’occasione persa. Una grande occasione persa. Ripensandoci bene, il Covid sarebbe un’occasione – indesiderata, ma purtroppo inevitabile – per crescere comunque. Paghiamo un sacco di soldi i corsi e i master dei nostri figli, in Italia e all’estero, perchè imparino la danza, la scherma, la chitarra, persino la micro e la macroeconomia, le lingue straniere, le biotecnologie, ma non facciamo niente per allestire in casa un master in resistenza, in sopportazione, in sofferenza. La vita, oltre all’inglese e agli algoritmi, presenta sempre di queste prove – resistenza, sopportazione, sofferenza -, diciamo pure che queste prove ne sono l’essenza più profonda, eppure noi in questi mesi abbiamo insegnato solo a fare facce storte, a non reggere più l’isolamento, a reagire magari con i sit-in negazionisti nella piazza centrale della città. D’altra parte, cosa pretendere: siamo pur sempre quelli che sclerano perchè l’estate è calda e l’inverno è freddo, vogliamo l’estate fresca e l’inverno mite, ai nostri stessi figli non regaliamo più la bicicletta, così faticosa, ma il monopattino elettrico, così comodo e così alla moda. I nostri padri ci hanno insegnato che niente nella vita è facile, noi stiamo convincendo i nostri figli che è tutto facile.

Si potrebbe provare un’altra strada, la strada della saggezza antica, della saggezza di tutte le epoche, quella che fa del nostro spirito l’unica arma appuntita contro le grane dell’esistenza, secondo un filone che parte da lontano, da Socrate e dagli stoici, passando per i Gesù e i Seneca, un filone di pensiero e un modo di vivere che non prevede di eliminare gli ostacoli, di non nascondere i problemi, ma di attrezzarsi dentro per saperli sopportare, affrontare, magari superare.

Diciamoci la verità: abbiamo mai provato a metterla così, in questo modo eccentrico e bizzarro, per una volta davvero controcorrente, la spaventosa sfida Covid? Abbiamo mai provato a dire in casa, ragazzi, è molto dura, siamo molto stanchi, ma è questo il momento di tirare fuori il carattere e di provare la nostra resistenza, perchè comunque nella vita arrivano sempre questi periodi e questi accidenti, se non è il Covid è un licenziamento, o una malattia, o un lutto. Non è che invece abbiamo continuamente alimentato la rabbia, il vittimismo, il piagnisteo, contro il sindaco, contro i virologi, contro il governo, contro il mondo intero che congiura contro il nostro benessere di persone perfette?

Tutto questo per dire che non è chiudendo i social e abolendo il Covid che aiuteremo i nostri ragazzini – il mondo di domani – ad affrontare la vita. Non è pensabile abolire tutti i problemi, tutti i pericoli e tutte le prove: possiamo solo attrezzare i nostri figli ad affrontarli. Di sicuro è un po’ più complicato. Certo richiede genitori migliori di noi. Di tanti di noi.

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