IL PROBLEMA DI DE LAURENTIIS NON E’ L’AFRICA: E’ DE LAURENTIIS

Vorrei andare controcorrente: nel bagaglio culturale di Aurelio De Laurentiis la falla non è il razzismo. Giocatori di colore ne ha sempre avuti e non ci sono precedenti, né mai si sono avuti segnali di intolleranza o altro, anzi. Il problema vero sono l’incoerenza e la miopia sovrane nel nostro calcio.

Il presidente del Napoli aveva detto che non prenderà mai più giocatori africani perché spariscono per un mese con le loro Nazionali (a gennaio quando si gioca la Coppa d’Africa) e poi ne pagano fisicamente le conseguenze per molte altre settimane ancora. Gli aveva risposto piccato Koulibaly, capitano del Senegal e fresco di cessione dal Napoli al Chelsea: “Meritiamo rispetto per l’orgoglio con cui rappresentiamo i nostri Paesi”.

Per europei, sudamericani e orientali è diverso: partono quando ci sono le soste del campionato, giocano con le loro Nazionali, poi rientrano. Il fatto è che ai nostri presidenti, ai nostri dirigenti, in realtà non danno noia la Coppa d’Africa o la Còpa America o la Coppa d’Asia. O gli Europei o i Mondiali. A loro tanto per cominciare dà fastidio la Nazionale italiana: gli stage, i raduni, le convocazioni, le partite degli azzurri. Non le sopportano, non le hanno mai sopportate. Sottraggono i loro pupilli dagli allenamenti, li stancano, sono a costante rischio infortuni. Fosse per loro le Nazionali sarebbero abolite tutte, da Oriente a Occidente, da Sud a Nord. A cominciare dall’Italia. E’ una storia vecchia.

Fa niente se poi l’appartenenza (non è un senso proprio dei reggenti del pallone) fa lievitare il valore dei giocatori, dà loro esposizione e visibilità, determina quel successo – più ambito di qualsiasi titolo sportivo – che si chiama “plusvalenza”. Il fatto che un giocatore sia un “nazionale” conta solo alle bancarelle del mercato, quando bisogna venderli. Allora sì lievita l’amor patrio o l’orgoglio manageriale di averli scovati.

Capitò anche ad Adriano Galliani, probabilmente il miglior dirigente sportivo italiano degli ultimi decenni, cascare in trappola: una volta disse che non avrebbe mai più acquistato sudamericani, in particolare brasiliani, per la stessa ragione addotta da De Laurentiis. Stanno via troppo e, per via del fuso, quando tornano restano stravolti per vari giorni. Naturalmente Galliani continuò eccome a pescare dall’altra parte dell’Atlantico e anzi molti dei suoi acquisti determinarono altri trionfi del Milan.

Dunque, ripeto, le turbe di De Laurentiis non affondano le radici nel razzismo, ma nascono e proliferano dalle sue frequenti confusioni che lo portano a litigi continui con i giornalisti (l’ultimo con un collega della tv “Canale 21”), polemiche con i suoi stessi tifosi e altri club, con la Federazione, con la Lega, nonché ad assumere posizioni discutibili e un po’ torbide su temi delicati come quello della SuperLega, oltre a storture e contraddizioni su ammennicoli tipo – ricorderete – il Covid.

Questione di cultura e di educazione, per cui ormai – dopo 18 anni di reggenza napoletana ed esplosioni mediatiche – è appurato che l’unico, vero, grande problema di Aurelio De Laurentiis sia Aurelio De Laurentiis.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *