IL PRETE A SCHIENA DRITTA CHE PAGA LA “DEMOCRAZIA” BIELORUSSA

Dopo aver ricordato la dissidente bielorussa Maria Zaitseva, morta a Bakhmut mentre combatteva al fianco dell resistenza ucraina, accolgo volentieri il suggerimento di una lettrice di scrivere qualche riga anche su Henryk Akalatovich, prete cattolico da pochi giorni condannato a 11 anni di carcere per alto tradimento.

In cosa consista questo alto tradimento nessuno lo sa, ma possiamo immaginarlo. Possiamo immaginare quello che in realtà tutti sappiamo bene, in Bielorussia qualsiasi dissenso e qualsiasi voce critica nei confronti della dittatura mascherata da democrazia non è ammessa.

Non risulta che il prete abbia ammazzato qualcuno, non risulta che abbia rubato, risulta che una persona di 64 anni, prete cattolico e quindi non allineato con l’ortodossia di regime, venga incarcerato con l’accusa di alto tradimento, in genere attribuita a prigionieri politici, di fatto ai dissidenti, coloro che osano aprire bocca e insinuare che qualcosa deve cambiare.

Da poche ore Lukashenko è stato di nuovo proclamato presidente, da 31 anni è di fatto il dittatore assoluto e incontestabile della Bielorussia e lo scagnozzo di fiducia di Putin. Chi ha provato a mettere i bastoni tra le ruote è finito in carcere o ha dovuto fuggire e di alcuni si ignora quale destino sia loro capitato. Da poche ore sappiamo che nove bielorussi su dieci vogliono vivere in questo stato di repressione, vogliono essere certi che qualcuno dica loro come pensarla e faccia loro capire che non è ammessa alcuna deviazione. Vogliono essere sicuri che chi li guida non ammetta dissenso e non permetta loro di avere un pensiero critico su quello che avviene nel loro Paese. Questa è la democrazia bielorussa.

Non è così, naturalmente, tanto è vero che un prete cattolico finisce in carcere con l’accusa di alto tradimento. E non si tratta di difendere il prete cattolico in quanto tale, vale e varrebbe per qualunque cittadino di qualsiasi fede o nessuna che mostri dissenso, lo esprima e si senta libero e in dovere di farlo. Non dovrebbe essere necessaria la specifica, ma viviamo tempi infidi e paradossali, nei quali puoi pronunciare o scrivere le peggiori scempiaggini ed è quello accade ogni giorno in rete, mentre tutto quello che non dici può essere usato contro di te.

Non sono giorni sfavillanti per la libertà di espressione e tantomeno per la libertà di stampa. Nella classifica mondiale la Bielorussia occupa la centocinquantatreesima posizione, a pochi passi dalla Corea del Nord, giusto per dare l’idea, e solo tenendo i riflettori accesi costantemente sui nomi, sulle persone calpestate di cui veniamo a conoscenza è possibile provare a non dimenticare, a non far finta di nulla.

Certo non è consolante il commento della Conferenza Episcopale bierlorussa: “Chierici e religiosi devono ricordare che sono chiamati a predicare l’insegnamento di Cristo, non le proprie opinioni e punti di vista, specialmente quelli che potrebbero causare confusione, scandalo o divisione…. Ciò include l’astensione da dichiarazioni ed espressioni politiche”. Un po’ come se si chiedesse ai preti di riporre nel cassetto la propria coscienza civile e come se l’insegnamento di Cristo non avesse a che fare con quello che sta accadendo in Bielorussia da trent’anni a questa parte.

Immagino che Henryk Akalatovich abbia invece voluto mettere a nudo la propria coscienza civile, immagino che abbia voluto essere innanzitutto uomo, con buona pace delle Conferenze Episcopali.Pubblicità

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *