IL PALAZZO DEL PORCO, LA CASA DEGLI ORRORI

Andrà tutto bene… Tra un secolo forse, o due. Certo è che al momento non abbiamo imparato niente, niente di niente di niente, dalla pandemia e dintorni. Nemmeno i cinesi. Tanto meno, i cinesi. Anzi loro ci sguazzano nel pericolo, nel menefreghismo, nella corsa all’oro. Tirano dritto come se niente fosse, come se niente di niente fosse.
A Ezhou, nella provincia di Hubei, è stato inaugurato il “Pig Palace”, letteralmente il palazzo del porco. Trattasi di un edificio di 26 piani dove saranno allevati 600.000 maiali con l’obiettivo di arrivare a 1,2 macellazioni annue. L’obiettivo, si legge su “Greenme”, è aumentare a dismisura la produzione di carne di maiale, migliaia di tonnellate, sfruttando ogni livello e spazio possibile del mastodontico allevamento intensivo, quasi 400mila metri quadrati. Su ogni piano saranno ammassati 20.000 suini, caricati a tempo di record sui camion diretti ai mattatoi grazie a 6 ascensori con la capacità di 10 tonnellate.

Un sistema tecnologico controllerà le emissioni di metano, la ventilazione negli scompartimenti, l’elettricità. Nel video pubblicitario girato dalla “New China Tv” compaiono due maiali allegri che strizzano l’occhiolino, rendendo una visione felice come per una splendida vacanza in un hotel di lusso, mistificando la realtà degli orrori “dove lo sfruttamento e i maltrattamenti che si verificano ogni giorno negli allevamenti”, scrive sempre “Greenme”, che conclude: “Una ‘fabbrica’ di questo tipo non potrà mai essere sostenibile né dal punto di vista ambientale, né per la sofferenza degli animali in un pianeta lacerato dove viene ribadita l’importanza dell’alimentazione vegetale, contrastando gli allevamenti intensivi”, considerati tra i più grandi inquinatori in assoluto.
Parliamo infatti di box sporchi e sovraffollati, mutilazioni, scrofe ferite impossibilitate a muoversi, o cadaveri accumulati all’aperto con sversamento di liquami. La questione dunque non è solo e tanto animalista o nutrizionista, che già basterebbero eccome a contrastare un progetto folle come quello del “Pig Palace”, ma anche umana visti i riflessi che queste trovate generano nel disequilibrio della natura e nell’alimentazione.
Solo vent’anni fa gli allevamenti intensivi in Cina non superavano i 1000-1200 capi comprendendo – qualche volta insieme – ovini, bovini e suini. Nell’ultimo decennio la media è salita a 25.000 esemplari allevati, con la conseguenza di nascita di virus sconosciuti, il disorientamento degli animali predatori, la proliferazione di insetti e altre specie animali (ratti in particolare) che diventano abituali e pasciuti frequentatori di questi luoghi orrendi. Cito leggendo qua e là. L’altissima concentrazione di specie animali diverse e incontrollabili è la principale causa dell’insorgere periodico di svariate malattie, rispetto a quanto accade nel caso di animali cresciuti in natura. L’uso di farmaci (per esempio antibiotici) in alcuni Paesi è diffuso sia per prevenire l’insorgere di epidemie, sia come stimolanti della crescita (in Europa ne è vietato l’uso preventivo per ordine del Consiglio dell’Agricoltura Europeo dal 1º gennaio 2006). Queste modalità d’uso (basso dosaggio per lunghi periodi di tempo) ha portato al diffondersi di nuove forme di batteri resistenti a tali medicinali. Il “Center for Disease Control and Prevention” statunitense stima che nel mondo, ogni anno, ci siano oltre 76 milioni di casi di malattie portate dal cibo da allevamento, e migliaia di morti. A prescindere dall’eventuale diffondersi di malattie, molti critici sostengono che la qualità delle carni e degli altri prodotti realizzati tramite allevamento intensivo è di qualità inferiore rispetto a quello ottenuto con tecniche tradizionali, per vari motivi legati alla differente alimentazione e al diverso stile di vita degli animali stessi.
Fonte Wikipedia: “Un aspetto drammatico dell’allevamento intensivo, spesso taciuto dai media, è l’enorme consumo di cereali per nutrire in particolare i bovini. Già agli inizi degli anni ’90 il 70% dei cereali prodotti negli Stati Uniti veniva utilizzato per l’alimentazione animale. L’emerito entomologo Damid Pimentel nel libro “Food, Energy and Society” scrive: “Le proteine somministrate ai manzi e agli altri animali consistono per circa il 42% di foraggio e per il resto di cereali. I bovini hanno un’efficienza di conversione delle proteine alimentari solo del 6%. Ciò significa che un animale produce meno di 50 kg di proteine consumando più di 790 kg di proteine vegetali. Tutto ciò mantiene molto alto il prezzo dei cereali, penalizzando i paesi poveri e contribuendo in maniera rilevante al problema della fame nel mondo”.
Sebastien Poulin, impegnato in questioni ambientali e di sostenibilità, ha pubblicato sul suo profilo LinkedIn la testimonianza del giornalista francese Hugo Clement, che riporto integralmente, dal racconto di tale Stephane: “Mi sono fermato per due minuti davanti alla sua gabbia, nel mezzo di questo allevamento intensivo dove migliaia di conigli sono rinchiusi a vita. Mi fissò senza muoversi. Il suo sguardo mi ha commosso. Vi ho visto una tristezza infinita. ‘Antropomorfismo’, direbbe qualcuno. ‘Sei troppo sensibile’, si scherniscono gli altri. Non importa. Rimasi lì a guardare quella coniglietta. Poi ha appoggiato la zampa contro le sbarre, continuando a fissarmi. Non uscirà mai dalla gabbia. Non sarà mai in grado di alzarsi, scavare il terreno o correre. Non potrà mai vedere il sole o respirare l’aria fresca del mattino. I suoi bambini le verranno sistematicamente portati via poco dopo la nascita. Il suo unico orizzonte, dal momento della nascita fino all’invio al macello, è questa gabbia di metallo che le taglia il corpo e le zampe. Mio Dio, in quel momento mi vergognavo. Mi vergogno della mia specie e di ciò che siamo capaci di infliggere a milioni di esseri senzienti, quando potremmo fare diversamente. Subito dopo questa foto, l’allevatore ha aperto la gabbia, l’ha presa per il collo e le ha fatto un’iniezione di antibiotico prima di rimetterla nella sua prigione. In molti allevamenti intensivi di conigli, tutti gli animali vengono trattati preventivamente, anche se non sono malati, contribuendo così alla comparsa di batteri multiresistenti agli antibiotici. Ho chiesto al contadino se mangiava i conigli che allevava: ‘No, no, no!’, ha risposto immediatamente. ‘So cosa ci metto dentro. I consumatori non lo sanno e mangiano i conigli’.
Stéphane vorrebbe fermare questo allevamento. Ma si è indebitato per comprare le attrezzature, il mangime… La sua casa è ipotecata. Se si ferma ora, perde tutto. Così continua, per ripagare i suoi prestiti, senza nemmeno riuscire a pagarsi uno stipendio, mi assicura. In Francia, il 99% dei conigli è allevato in gabbia, in questo tipo di allevamento industriale. È urgente uscire da questo infernale e folle sistema di allevamento intensivo. Per gli animali, per gli agricoltori, per l’ambiente e per noi”.
L’hotel degli orrori non è più il titolo di un film, non è fantascienza: sono il prodotto reale della mente umana depravata, cui nessun virus, nessuna minaccia, nessuna miseria insegna qualcosa. Mai. Conducendo inesorabilmente al degrado e alla morte, dell’uomo, degli animali, del pianeta, con il denaro sullo sfondo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *