IL NUOVO MERCKX

E’ quel che si dice un campione normale. Dove per normalità si intende l’eccezione e non la regola, almeno di questi tempi. E’ anche un ragazzo semplice. Dove la semplicità è fare le cose per stare bene con se stessi, non per esibirle agli altri.

Viene da una famiglia come tante, che dopo la rivelazione del figlio a livelli stellari ha mantenuto compostezza e umiltà: papà e mamma lavorano, i fratelli studiano. E quando lui trionfa festeggiano, restando tutti dietro le quinte.

Ha avuto una bella infanzia: ancora oggi, quando ne parla, sorride. ‘Non potrò mai dimenticare la bellezza di quel periodo’, racconta. Riconosce ai genitori i giusti meriti: non per dovere, ma perché porta dentro gli insegnamenti ricevuti.

Ha conosciuto lo sport ai tempi della scuola: prima di quello che lo ha reso famoso, ha praticato lo sci, che ancora oggi nel tempo libero frequenta. Destino vuole che abbia preso un’altra strada, se sia più vincente soltanto il Cielo lo sa.

E’ un predestinato e lo ha mostrato fin da adolescente: ha cominciato a vincere in tenera età. Salendo di categoria non ha più smesso, fino ad arrivare in cima al mondo. Il suo segreto è elementare: ha un talento superiore, ma ci ha messo tanto di suo per coltivarlo con metodo, sacrificio e voglia di lavorare.

E’ nato per vincere: non c’è manifestazione che affronti soltanto per partecipare. Lo fa per rispetto degli avversari e di se stesso: mai calcolatore, si impegna ogni volta per il risultato migliore, qualunque sia il valore della gara. E’ il più delle volte la vince.

Non si è montato la testa: mentre intorno gli piovono paragoni, magari con campioni di epoche lontane, lui pensa a tirar dritto per la sua strada. Che è quella dei campioni veri: lasciare un segno nella storia non perché si è come qualcun altro, ma perché si è se stessi.

Non dorme mai sugli allori: conquistato un successo, se lo gode il giusto. Anche meno, a volte: dal giorno dopo, inizia subito a concentrarsi sul traguardo successivo. Si chiami fame di vittoria o in altro modo, è la molla che lo spinge più del collezionare record. Non mancano neppure quelli, ma non sono la causa che lo spinge: semmai, sono l’effetto.

E’ il primo a sapere che nello sport è bello vincere, ma capita di perdere: per questo affronta i suoi impegni col sorriso. Non di facciata, ma spontaneo: comunque vada la gara, affrontarla lo diverte.

Sa farsi rispettare dai rivali, ma pure voler bene. Di lui si parla con ammirazione, i complimenti si sprecano: succede perché anche lui si comporta così con gli avversari, compresi quei pochi che riescono a batterlo.

Non è polemico: gli capita raramente di arrabbiarsi, in gara o fuori. Quando succede, usa sempre toni morbidi: per affermare una ragione non ha bisogno di alzar la voce.

Ha grande rispetto per chi lavora con lui: ne riconosce il valore, lo elogia in pubblico. Ha il senso della squadra pur sapendo che, nel suo caso, è il singolo a decidere il risultato: non parla mai in prima persona, per questo chi lo scorta è pronto a farsi in quattro per lui.

Non ha cambiato vita col successo, nè con i guadagni milionari: l’unico lusso è tener casa a Montecarlo, dove è più facile allenarsi con altri colleghi. Si è concesso qualche bella auto, ma la usa per spostarsi, non per provare il brivido della velocità. Nè ha cambiato stile personale: di tatuaggi non ne aveva prima, nè se li è fatti adesso che potrebbe incidersi sul corpo una vittoria importante o una data da ricordare. Per quanto figlio del suo tempo, non indulge alle mode, ma solo a ciò che lo fa star bene.

E’ il campione che tutti vorrebbero come figlio. Non si chiama Jannik Sinner, non è italiano e nemmeno un tennista: è Tadej Pogacar, fa il ciclista, viene dalla Slovenia e ha appena dominato il Giro d’Italia.

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