IL NOSTRO PROBLEMA NON E’ TRUMP, SIAMO NOI EUROPA

Adesso, per qualche giorno, si sprecheranno i pipponi sulle elezioni USA: si alzeranno al cielo i lai dei democratici di casa nostra, affranti per la sconfitta della nullità Harris, così come i cachinni dei conservatori, chiamiamoli così, per la vittoria dell’ipertrofico Trump. E tutti ad interrogarsi sulla questione essenziale: e adesso che succede?

Sulla carta, succederà che l’ineffabile Zelensky e l’arcigno Netanyahu si troveranno qualche missilino in meno in scarsella, con qualche vantaggio per la pace nel mondo e qualche mugugno da parte di chi i missilini li fabbrica. Sempre sulla carta, i milioni di immigrati clandestini fatti entrare dal duo Biden-Harris sentiranno un brividino lungo la schiena. Ci sarà qualche pagliacciata in meno da parte dei Black Lives Matter e qualche pagliacciata in più da parte dei nazionalisti yankee. Soprattutto, saranno un tantino ridimensionate le sparacchiate televisive della Schlein, vista la catastrofe che ha travolto la sua omologa americana. Ma non disperate, le idiozie sono dure a morire e sono certo che gli uni e gli altri troveranno ulteriori ottimi argomenti per dimostrare la propria vanità intellettuale.

Buon Dio, non è questo il problema: non è l’affermazione di Harris o di Trump il nostro problema. Il nostro problema si chiama Stati Uniti d’America, chiunque si trovi al comando della federazione. Naturalmente, il fatto che si tratti di un dem o di un cons modifica certi assetti, suggerisce certe strade, indica certe scelte. Ma è lo sfondo che non cambia. Perché, comunque, un Americano è un Americano e agirà nell’esclusivo interesse dell’America (o di quello che lui intenda come interesse dell’America): noi siamo lo zerbino, lo scendiletto, al massimo, il maggiordomo. Per questo ci preoccupiamo tanto di chi vince le elezioni USA e poi non andiamo a votare quando ci tocca: perché siamo un popolo di sudditi. E, tra le altre sudditanze, quella nei confronti degli Stati Uniti è una delle più evidenti e, al contempo, delle più esiziali.

Perché gli USA sono il male: loro sì che sono il male assoluto. Sono una società decomposta, un sistema politico indigeribile, una civiltà e una cultura imbarazzanti: e, quel che è peggio, da ottant’anni impongono a noi quel modello. E noi, figli di Atene e di Roma, ce lo cucchiamo, beoti: ingurgitiamo le scemenze d’oltre oceano come fossero cioccolatini, le peptonizziamo, le metabolizziamo e le facciamo nostre. Anziché mettere sul piatto della bilancia la nostra storia, le nostre tradizioni e la nostra cultura superiore, ce ne vergogniamo: chiediamo scusa per essere figli di una civiltà bimillenaria e riempiamo la scuola e la vita di parole in inglese, di concetti balordi, di trovate senza senso. Salvo, poi, fare dietrofront, quando gli USA l’abbiano fatto prima di noi. Ed eccoci lì, col cappello in mano, come ai tempi degli sciuscià. Nulla è cambiato: abbiamo perso una guerra e continuiamo a perderla, giorno dopo giorno.

Adesso, lasciate che Trump si goda il trionfo: si produrrà in apoftegmi formidabili, promettendo cose mirabolanti, per fare l’America grande di nuovo. E, magari, qualcuna la metterà anche in pratica. Ma siamo sicuri che a noi convegna che l’America sia grande di nuovo? Non è che ci converrebbe di più se ad essere grande di nuovo fosse l’Europa: gli Stati Uniti d’Europa, ad esempio? E, mentre noi litighiamo su tutto, tranne che sulla nostra sempiterna sottomissione agli interessi americani, della NATO o di qualche altra sigla che nasconda la mano adunca delle lobbies USA, dei potentati e delle consorterie in stile Bones and Skulls, il progetto europeo tramonta.

Trump, sicuramente, farà qualcosa di interessante, nel campo dell’occupazione, della libera impresa, della tassazione e dell’immigrazione clandestina: cose che, in fondo, potrebbero ispirare anche le nostre scelte. Ma non perché lo dica Trump: non perché si debbano necessariamente imitare gli Stati Uniti. Semplicemente, perché se il Presidente USA caccia i clandestini dagli Stati Uniti, chi cercherà di farlo anche da noi si sentirà maggiormente accreditato dall’illustre esempio: niente di più. E, comunque, state tranquilli che, in questo e in molte altre cose, Trump si rivelerà una Meloni un po’ più potente: potente ma non abbastanza da mettere in pratica le proprie promesse. La politica, in fondo, funziona così: fesso chi ci crede.

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