IL NERO PICCHIA IL BIANCO, TUTTO OK ALLA STAZIONE DI MILANO

Sì lo so, sì lo prevedo, populista, xenofobo, razzista, fate un po’ voi scegliendo dal mucchio. Ma io ho voglia di scrivere di quel ragazzo bianco picchiato e preso a calci da un ragazzo nero.

Perché può capitare e quando capita avverto uno strano senso di fastidio di coloro i quali, a parti invertite, si scatenano. Io non mi scateno affatto ma osservo, registro, provo a riflettere e qui diventa difficile.

Dice: trattasi di uno sbandato che frequenta la stazione ferroviaria di Milano. Sbandato non so che osa significhi, ma è facilissimo e anche comodo scriverlo e addurlo come giustificazione psicosociale. Il picchiatore circola liberamente e non sarà certo l’eventuale carcere a rimetterlo in equilibrio dal suo zig zag esistenziale, anzi ne accentuerà la diatesi.

Il fatto è accaduto e qui sta l’errore, qui l’equivoco, perché trattasi di violenza pura e dura e il vigliacco ha confermato di essere tale prima per avere aggredito alle spalle il ragazzo, poi per avere ripetuto l’assalto con i calci alla testa e infine per essersela svignata con passo lento, sapendo di farla franca. Forse verrà individuato dai vari filmati e immagini di telecamere e telefoni cellulari, ma che cosa cambierà?

Si vorrebbe conoscere il suo nome, il suo cognome, vedere il suo volto, come si usa fare con altri personaggi della cronaca. Mostrarlo ai suoi sodali, amici e parenti, non si sa mai se fossero a conoscenza completa del tipo. Pensiamo a quello che capita a Brumotti, il cicloequilibrista che rischia la vita nei vari siti di spaccio, vediamo le reazioni violente dei delinquenti, notiamo l’arrivo delle forze dell’ordine. E poi? Tornano a distribuire morte, anzi viaggi, così come il fuorilegge di Milano, costui si farà, forse, qualche giorno al gabbio e tornerà a occupare la sua zona di potere.

Però va capito, va compreso, è sbandato, non è stato accettato da una società cattiva, non si è integrato per colpa nostra, perché i suoi calci, i suoi pugni sono quelli che abbiamo sferrato su di lui e sulla sua gente. Ho sentito, ho letto anche questo. Getto la spugna, come sul ring. Vedo nero. Se è possibile pensarlo, dirlo e scriverlo. Esibisco in privato il mio taking the knee, piego il ginocchio destro dinanzi a tale porcheria.

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