IL NATALE E’ QUESTO, SOLO QUESTO

di DON ALBERTO CARRARA – Del Natale, quello vero, l’originale, si sa poco. Anche perché i vangeli non sono molto interessati a raccontare come Gesù è nato. Il loro interesse più forte è centrato su come Gesù è morto – e risorto.

Il vangelo più antico, quello di Marco, non dice nulla del Natale. Ne parlano solo Matteo e Luca. Matteo riferisce soprattutto dei tormenti di Giuseppe di fronte alla maternità inspiegabile di Maria, e poi racconta dei Magi. Luca, invece, dice qualcosa di più. Da lui sappiamo del censimento ordinato dall’imperatore di Roma, del conseguente viaggio da Nazaret, dove Giuseppe e Maria abitano, verso Betlemme, la città dove Giuseppe e la sua sposa devono farsi censire, e poi il racconto, molto succinto, della nascita. Mentre Maria si trova a Betlemme insieme con Giuseppe, “si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’alloggio” (Luca, capitolo 2, versetti 6-7).

Dunque possiamo dire che non ci sarebbe mai stato il presepio, con la stalla o la grotta, i pastori e gli angeli, senza il vangelo di Luca. Solo che anche Luca non dice gran che, e i pochi particolari hanno dato la stura alla nostra immaginazione che ha, in qualche modo, riempito il vuoto del racconto evangelico. Soprattutto si è immaginato che gli alberghi di Betlemme rifiutano di dare ospitalità ai due giovani sposi, i quali si vedono quindi obbligati a rifugiarsi in una stalla dove viene alla luce Gesù, a mezzanotte: “È nato il Sovrano Bambino./La notte, che già fu sì buia,/risplende d’un astro divino”, canta Guido Gozzano, nella sua notissima poesia “Notte Santa”.

Ma è proprio andata così? La traduzione più recente del greco di Luca ha sostituito la parola “albergo” con la parola “alloggio”. Che cosa può essere successo? Due le ipotesi.

Prima ipotesi. Giuseppe e Maria sono in viaggio e arrivati ormai vicino a Betlemme si rifugiano in un caravanserraglio che ospita la gente in viaggio. Normalmente, un caravanserraglio è dotato di uno stanzone comune, dove i viaggiatori si fermano, parlano, discutono, mangiano, dormono (l’albergo-alloggio di Luca). In uno spazio separato vengono ospitati gli animali: cammelli, cavalli, forse qualche asino. Maria non può partorire in mezzo alla gente e allora lei e il suo sposo si appartano nello spazio riservato alle bestie e lì Maria partorisce. C’era sicuramente una mangiatoia: “E lo depose in una mangiatoia”.

Seconda ipotesi, oggi ritenuta la più probabile. La famiglia di Giuseppe è originaria di Betlemme. Qui Giuseppe conosce sicuramente dei parenti. Il senso dei legami delle parentele e del dovere dell’ospitalità sono stati sempre molto forti e tenaci in Medio Oriente. Non è difficile che uno di questi parenti offra ospitalità a Giuseppe e a Maria, tanto più che Maria sta per partorire. La casa è molto semplice e povera. Si tratta di un unico spazio, spesso scavato nella roccia, diviso in due parti: in una parte vivono le persone, in un’altra gli animali. Quando arriva il momento del parto non c’è posto per Giuseppe e Maria nell’”alloggio”, cioè la parte della casa dove normalmente si trovano le persone. Maria non può partorire lì. Si ritirano nella parte,  forse la più riposta della casa, dove ci sono gli animali. Non c’è una culla, ma c’è una comoda mangiatoia, con il suo fieno. Adagiato nella mangiatoia, il bambino emette i suoi primi vagiti.

Luca, perciò, non racconta di alcuni cattivi che hanno detto no a una madre che stava per partorire; ma piuttosto: c’erano molti poveri, in quel tempo; il figlio di Dio nasce in mezzo a loro, nell’angolo degli aninali di un caravanserraglio, o nella stalla di una povera casa di Betlemme.

Il racconto del Natale è anche, di conseguenza, l’inimmaginabile “trasfigurazione” di un luogo: la stalla diventa il punto d’incontro di Dio con gli uomini. E la scena rustica del neonato diventa il segno per non perdere l’incontro. Quando, infatti, gli angeli appaiono ai pastori non segnalano chissà quali segni celesti. Al contrario. Dicono semplicemente: “Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”. Dio nasce così e solo così lo si può incontrare.

Tutto il resto, tutto quello che stavolta piangiamo e rimpiangiamo perchè manca, c’entra poco con il Natale. Non è Natale. Il Natale vero, l’unico, l’originale, è uguale anche al tempo del Covid.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *