Ma Pippi smentiva tutto, faceva freddo ma usciva di casa, eccome, e che avventure! Perché gli svedesi stavano lassù, ma col tempo poi imparavi che erano avanti a tutti, liberi, liberi in che modo non è che si capisse bene a dire il vero.
Quando i pruriti adolescenziali cominciarono a farsi insistenti, allora la Svezia in qualche modo saltò fuori di nuovo, si diceva che a quella latitudine fossero disinibiti, intraprendenti, spregiudicati. Per scaldarsi, ci si immaginava, con quel freddo del resto…
Oggi vediamo la Svezia in modo meno stereotipato, tanti ormoni son passati sotto i ponti, non saprei però dire quanto loro ci vedano in modo meno prevedibile, in modo diverso da come ci aspettiamo: latini, svogliati, inaffidabili. Romantici, passionali, ma in fondo passeggeri, come gli amori di qualche loro vacanza nel bel paese. O nostra, più rara, nel loro.
Dire ‘oggi’ significa dire coronavirus, che fin da marzo ha definito differenze di tattica e strategia. Classica marcatura a uomo nel sottoscala, l’Italia, tattica a zona con blande e indeterminate marcature su, dalle parti dell’attico, la Svezia.
Loro, lassù, liberi e incuranti, accada quel che accada, avanti e spregiudicati. Noi, quaggiù, reclusi e preoccupatissimi, decisi a non abbandonarci al fatalismo, rinchiusi e timorosi. E per un certo tempo, noi a flagellarci perchè il loro modello – il loro mito – ancora una volta sembrava umiliarci.
Dove stia la Ragione noi italiani un’idea ce la siamo fatta. Due paesi diversi, per cultura, usi, consuetudini, ma anche per numeri, per territorio, distanze, densità. Diciamo che forse la Svezia ha potuto permettersi la strada dell’indifferenza inizialmente, diciamo che forse la strada dell’indifferenza è frutto di cultura e forse anche di incoscienza, ma diciamo pure che la scelta italiana della Ragione certo non è stata irresponsabile.
Spiace per loro, se guardano a sud con prevedibilità. Latini, sì, ma niente affatto svogliati, inaffidabili, disordinati. Romantici e passionali sì, comunque, glielo concediamo.
«Vediamo che la situazione sta andando nella direzione sbagliata, la situazione è molto grave», così Peter Lofven, primo ministro svedese. L’Organizzazione Mondiale della Sanità è decisamente più inesorabile, 5420 morti, cifra aggiornata a martedì 3 novembre. La Svezia conta poco più di dieci milioni di abitanti, significa avere il 40% in più di decessi, per milione di abitanti, rispetto agli Stati Uniti, 12 volte più della Norvegia, 7 volte più della Finlandia, 6 più della Danimarca.
La cultura di un popolo, d’accordo. Ma gratta gratta, scopri che la guida spirituale delle decisioni delle autorità svedesi non è un’inclinazione ad assecondare l’indole di un popolo, piuttosto la trita e prevedibile, sì, prevedibile, e per nulla libera, inclinazione a non allentare i motori dell’economia e del profitto.
Il malumore comincia a farsi sentire, l’isola felice sta intuendo di non essere felice per nulla, e nemmeno isola, ma questo sull’atlante lo si vedeva bene. Vai a capire come nascono certe idee.
Nemmeno l’Italia è un’isola e tantomeno felice, a volte però scrutando il sottoscala nascono intuizioni, come in cielo così in terra, solo, al contrario.
Ecco, qui sotto si sbaglia, continuiamo a prendere cantonate forse, si naviga a vista, per usare una formula tanto à la page in questi giorni, ma là sopra deve esserci un bel po’ di nebbia. Capisco che, nella bruma, di quel che accade giù sotto non si capisce nulla, ma pur latini e casinisti, se ci fanno una telefonata un paio di dritte gliele diamo.
La verità è che ci vorrebbe Pippi, lei sì saprebbe cosa fare, col sorriso sulle labbra.
Decisamente, la più latina tra gli svedesi. Forse l’unica.