IL MIO ADDIO A MAURO, AMICO PER SEMPRE

di LUCA SERAFINI – Ci chiuse in una stanza, Maurizio Mosca. Era il 1984. Chiuse in quella stanza me e Mauro Bellugi, un mito che aveva da poco detto addio al calcio: le gambe avevano già iniziato a tormentarlo da tempo. Maurizio gli aveva affidato una rubrica per il settimanale “7Gol” che dirigeva: in quell’ufficetto al decimo piano di un palazzo di Sesto San Giovanni, prendevamo le telefonate del pubblico, lui rispondeva e io trascrivevo. Ci mise un minuto a mettermi a mio agio, avevo 23 anni: cominciò a raccontarmi storie e aneddoti, viaggi e partite, segreti e vizi suoi e dei personaggi che aveva incontrato. Si fermava anche un’ora dopo che avevamo terminato di lavorare: gli chiedevo della Nazionale, della grande Inter di Suarez e Mazzola, di quel suo gol al Borussia, dello scandalo scommesse di cui era stato avvilito testimone, del più grande che aveva marcato, della sua carriera durante la quale indossò anche le maglie di Napoli, Bologna e Pistoiese.

Poi, anni e anni di studi televisivi insieme, di serate in allegria in cui era sempre il mattatore più ascoltato grazie a battute sferzanti, ironia sottile, confessioni a cuore aperto. Interista obiettivo e dissacrante nei suoi modi e nei suoi pensieri, toscano orgoglioso ma mai superbo, Mauro non aveva pietà per chi lo illudeva invano né per chi lo tradiva, ma sapeva pesare ogni cosa con saggezza e moderazione. Da campione e da uomo di mondo.

Negli ultimi anni era sempre seduto vicino a me negli studi di “7Gold”, parlava ininterrottamente per tutta la durata della trasmissione con la mano sul microfono quando non era il suo turno. Mi inorgogliva ogni volta come se fosse la prima, perché tra noi non c’erano sfottimenti di nessun genere, io milanista lui interista nostalgico e innamorato: era l’unico nerazzurro al quale rivelavo la mia insofferenza per questo o quel giocatore rossonero, nemmeno con i milanisti sono così sincero. Perché lui faceva altrettanto con me. Con Mauro Bellugi la sintonia è sempre stata totale per una chimica naturale e spontanea, per le molte cose che amavamo in comune. Estroso, fantasioso e iperattivo, condivideva valori antichi di un calcio vissuto da protagonista. Indimenticabile per noi spettatori.

La moglie Lory e la figlia Giada lo hanno sorretto incrollabili in questi ultimi mesi di calvario, ma con loro e con gli amici è sempre stato Mauro in prima persona a darci forza per sopportare il suo dramma (gli erano state amputate le gambe) con battute e ironia sul suo supplizio, senza che potessimo andare a trovarlo: “Sarò comunque più veloce di Kolarov anche a 71 anni e con le protesi”, “Mi sono incazzato con il chirurgo: almeno la gamba con cui ho segnato al Borussia potevi lasciarmela! Comunque non buttarla via, la metterò in bacheca”, e altri lampi di luce che squarciavano il buio in cui stava scendendo.

Gli scorrevano nel sangue il Sudamerica e l’Argentina soprattutto. Me l’aveva descritta e sviscerata come una guida appassionata prima dei miei viaggi per un libro.

La mia dedica ti arrivi nella Pampa del cielo dove stai marcando il tuo angelo, caro Mauro: beati tutti loro che possono ascoltarti ancora.

3 pensieri su “IL MIO ADDIO A MAURO, AMICO PER SEMPRE

  1. Fiorenzo Alessi dice:

    Egr. Luca Serafini,
    non avrei potuto innamorarmi che di quell’ INTERNAZIONALE degli anni ‘60.
    L’INTER che , comunque la si pensi, è stata un gran bel pezzo di storia del pallone.
    Oltre a campioni indimenticabili , una squadra diretta dal MAGO per eccellenza.
    Che poteva volere di più un bambino con i …”calzoni” corti ?
    BELLUGI non era Mazzola o Facchetti , tanto meno Suarez o Mariolino Corso , era solo BELLUGI .
    Proprio quello che lei ha tratteggiato (meglio, consacrato) nel suo bell’Altropensiero.
    Una di quelle persone che , anche quando ci lasciano, rimangono sempre con noi.
    Cordialmente.
    Fiorenzo Alessi

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