IL MADE IN ITALY DEL CALCIO STRACCIONE

Un po’ come abbandonare la Bindi e dedicarsi alla Bellucci.

Passare dalla serie A alla Champions league rappresenta una svolta del piacere, sembra di essere entrati al luna park dopo aver convissuto con il solitario e la malinconia del football nostrano.

Qui, viste cose che noi umani non avremmo mai potuto immaginare, errori grossolani dei portieri, arbitraggi da sagra paesana, allenatori con atteggiamenti coribantici, ultras dediti al coro schifoso, telecronache di invasati della densità e dell’intermedio.

E’ la bellezza del nostro football, è quello che ci meritiamo, fuori da tutto e da qualunque cosa sia degna di storia e dignità, fatta eccezione, e qui sta la comica, per i romanisti eccitati dalla Conference league, che potrebbe rappresentare il fiore non da porre all’occhiello ma, al massimo, nel taschino interno della giacca.

Poveri e nemmeno belli, in tensione per il derby tra le due milanesi, ripensando agli squadroni di Berlusconi e Moratti, memorie antiche sostituite dai nuovi padroni non meglio identificati, con squadre che scomparirebbero, anzi scompaiono nel confronto con le leggende che conosciamo.

Ma tant’è, a Torino caroselli e balli di festeggiamento per il quarto posto della Juventus, a Napoli non riescono a passare ‘a nuttata, le due romane vivono di propaganda pentole, eppure i giornali, quelli sportivi e non soltanto, titolano come se ci trovassimo a trattare il più grande spettacolo del mondo dopo il Big Bang, Sky, Rai e Mediaset allestiscono dibattiti e varietà, con opinionisti/e, figuranti, per un orgasmo esclusivo.

Poi, riapri gli occhi e scopri che è la Bindi.

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