Di tanto in tanto i bulli si manifestano in modo anche più squallido del solito. Bulletti giovanissimi in questo caso, cinque anime perse, tre ragazzi e due ragazze, tra i dodici e i quindici anni, anime perse ma creative che su una chat decidono di dedicare un gruppo al loro compagno di classe autistico.
L’intento è tra i più biechi possibili: sfruttare l’ingenuità e la difficoltà del compagno nel decifrare e interpretare le intenzioni degli altri, certo nel comprendere le spietate intenzioni dei compagni di classe e magari inizialmente anche con il desiderio di assecondare le loro richieste per conquistare la loro amicizia.
Sulla chat si trova tutta la disgustosa immondizia di cui sono capaci i ragazzini quando decidono di infierire e soprattutto quando gli adulti intorno a loro decidono che l’educazione è un affare superfluo e forse nemmeno più da considerare. Insulti, video del ragazzino autistico nudo, perché invitato a spogliarsi evidentemente, le persone autistiche a volte nemmeno è necessario costringerle. Frasi di scherno, aggressioni fisiche, verbali, messaggi vocali a sfondo sessuale pronunciati dal ragazzo autistico su invito degli altri.
Un bel pattume, che a quell’età si vorrebbe immaginare impossibile e invece sta lì e non solo lì. Perché è anche una questione di geografia. Non parlo di nord o sud, di nordici e terroni, no, parlo del fatto che da qualche parte ancora c’è lo scemo del villaggio. Resiste imperterrito e continua a coltivare seguaci, quelli che lo insultano, lo sbeffeggiano, gli elargiscono carezze per poi sottoporlo a sevizie o a inconsapevoli figure barbine, lo blandiscono e lo convincono a fare quello che sappiamo.
Qui siamo dalle parti di Caserta, ma ne abbiamo viste un po’ ovunque di imprese eroiche e spavalde come questa. Sta di fatto che lo scemo del villaggio esiste ancora e probabilmente è autistico, ora come allora. Il pensiero, il sospetto non è mio ma del papà di un ragazzo autistico, scaltro e disilluso come pochi. Pronunciò queste parole in mia presenza, “ha presente lo scemo del villaggio di un tempo? Ecco, probabilmente era un autistico” e da allora sono rimaste impresse nella mia mente, un po’ nelle retrovie, ma pronte a farsi vive nel momento più opportuno.
Io sono ferocemente arrabbiato con quei ragazzini, ma lo scemo del villaggio e la cultura dello scemo del villaggio sopravvive innanzitutto perché chi sta intorno a loro non ha saputo liberarsene. Per quanto sia convinto che ci sarà sempre chi sfuggirà alle parole giuste e sensate di chi vuole educare, sono ancora più convinto che un genitore e ancora di più un insegnante capace di spiegare quel ragazzino autistico alla classe avrebbe generato qualche remora e forse avrebbe persino scongiurato la nascita di quel gruppo social. È sempre una questione di parole, poche e scelte con cura, ma bisogna avere il coraggio, la dedizione, la consapevolezza e la voglia di pronunciarle.
Come si può ben vedere, l’ignoranza è di gran lunga la peggiore delle malattie mentali e produce mostri ben peggiori dell’autismo. Qualcuno potrebbe e dovrebbe riconoscere le proprie colpe e le proprie mancanze nei confronti di quelle anime perse, ma non sono sicuro che accadrà.