IL GROTTESCO STA DISTRUGGENDO LA NOSTRA SCUOLA: MI ARRENDO

Mi è capitato spesso di pensare – e, talora, anche di scrivere – che la scuola italiana viva una vita a sé, lontana dal mondo reale: quasi che, varcata la soglia di un qualunque istituto educativo, si entrasse in un universo parallelo, in cui le normali leggi della fisica e della logica vengano, incomprensibilmente, distorte. Regole del tutto insensate, provvedimenti illogici, comportamenti al limite della psicopatologia, sembrano essere la normalità scolastica. E, di conseguenza, tutto ciò che circonda questo mondo alieno ed alienante, pare risentirne, assorbendone il delirio.

Due esempi tra tutti ce li offre la cronaca recente. Il primo viene da Cremona e, più che drammatico, mi pare grottesco. In una terza media, arriva un supplente. Denotativamente, un supplente dovrebbe essere uno che supplisce, ovvero che sostituisce l’assente, facendone, alla bell’e meglio, le veci: nella realtà, un supplente è un poveraccio, che viene catapultato in una classe non sua, a riempire una o due ore rimaste scoperte, inventandosi qualcosa. Per solito, questo pellegrino della cattedra non fa proprio nulla di eccezionale: si limita a fare due chiacchiere con gli studenti, chiede loro notizie sulle materie, cerca di darsi un tono parlando della propria specializzazione: cose così, insomma, allo scopo di tenere tranquilli i ragazzi fino al suono liberatorio della campanella. Se proprio il nostro supplente è un tipo sveglio, fa loro vedere un film. Solo che, stavolta. Il film mostrato ai giovani non era precisamente adatto ad un pubblico di terza media: era un filmaccio splatter, a base di squartamenti e con sangue a secchiate. Ha fatto seguito l’inevitabile crisi di conati dei teneri virgulti, l’ira funesta dei genitori e l’immancabile garanzia di provvedimenti da parte del dirigente scolastico.

Ma ora, dico io, possibile che un insegnante non arrivi a capire che, forse forse, un Grand Guignol del genere non sia adattissimo a far passare una supplenza in una terza media? Se avesse dovuto presiedere un CdA, cosa avrebbe fatto: avrebbe parlato coi rutti?

Vabbè. Il secondo caso viene invece da Genova e, più precisamente, dal liceo “Pertini”: e qui non è solo la scuola a sembrare animata da uno spirito un filo paradossale, ma anche la magistratura amministrativa. Per farla breve, uno studente di quinta superiore non è stato ammesso agli esami di maturità: e, fin qui, si tratterebbe di ordinaria amministrazione. Lo studente, però, conoscendo evidentemente i suoi polli, ha pensato bene di ricorrere al TAR che, ovviamente, lo ha riammesso, con riserva (non si capisce cosa voglia dire) all’esame, in cui il nostro ha portato a casa un 61, voto striminzito, ma sufficiente a licenziarlo verso future glorie accademiche. In altre parole, la bella frase secondo cui il Consiglio di Classe è sovrano nelle scelte è pura fuffa: un giudice amministrativo ha tutte le facoltà per ribaltarne il giudizio, perfino in casi minimi, come questo.

Insomma, non soltanto i docenti, spesso, valgono poco, ma abbiamo la prova provata del fatto che la loro facoltà di valutazione può essere messa in serio dubbio dalla magistratura. Serve altro? Exempla trahunt, dicevano i nostri padri latini: qui, però, in una situazione già gravemente compromessa, mi pare di poter dire che exempla deprimunt.

Certo, l’Italia sta male sotto molti profili, ma, prima o poi, qualcuno dovrà pure accorgersi che la scuola è il problema dei problemi e che molto del nostro disagio nasce di lì. Ma che ve lo dico a fare?

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