di GHERARDO MAGRI – Nelle multinazionali che hanno voglia e possibilità di riprendere il terreno perso nei mesi terribili del coronavirus, sto assistendo a un tentativo di rimozione di ciò che è accaduto, al limite del negazionismo.
Lo testimonio in diretta dai meeting internazionali virtuali, in cui adesso si pensa solo alle previsioni di recupero sui fatturati, sugli obiettivi chiave, sulle prestazioni, per cercare di tornare assolutamente ai livelli pre-covid. Si macinano numeri su numeri, producendo a nastro le migliori stime di quello che potrà succedere. E, siccome in queste ultime settimane in effetti qualcosa si muove, si deve per forza diventare ottimisti a oltranza: in pieno stile Berlusconi prima maniera, sfoggiando sorrisi a 32 denti e proclamando a più non posso “andrà tutto bene”. Quasi vietato parlare della fresca tragedia, ce la siamo già messa alle spalle. Guardiamo solo al futuro. Isn’t it, Mr. Magri, what’s your opinion?
E’ un’enorme forzatura. E partecipare al coro, per un manager, diventa connivenza passiva che potrà fare danni seri. Bisogna essere responsabili e avere il controllo sulle onde emotive, in su e in giù. Ci vuole il coraggio di ragionare con la propria testa e andare controcorrente, senza paura di passare anche per gufi. Purtroppo ci si trova di fronte a diversi profili di manager, che devono gestire la delicata fase della ripresa. Prendo a prestito dalla geometria alcuni termini, per esemplificare al massimo. Identifico tre categorie.
Il Manager Quadrato. E’ il più razionale, tutto deve tornare con formule e meccanismi di causa ed effetto. Preparati, efficienti e sicuri. Vanno bene per le situazioni standard, in cui le cose filano via lisce. Perfetti per oliare sistemi già funzionanti. Ordinati, disciplinati e ortogonali. Sono la maggioranza della popolazione aziendale. Non metteteli, però, sotto stress o davanti a imprevisti. Le spigolosità della loro forma mentis sono il più grande ostacolo alla flessibilità richiesta in situazioni inedite.
Il Manager Triangolare. La sua forma è appuntita e rappresenta la punta ideale di una freccia. Focalizzati a centrare il bersaglio, non pensano ad altro che agli obiettivi. La loro forza è la concentrazione, la velocità e la precisione. Ideale mentalità per spingere le crescite e le task force ad hoc, in cui ci sono pochi e chiari target. Non distraeteli da quello che fanno, perché possono diventare pericolosi e oppositivi. Il loro grande tallone di Achille è la monodirezionalità: quando il dardo è scoccato, non si riesce a cambiare traiettoria. L’incastro dei loro spigoli acuti è molto difficile, quando il puzzle cambia continuamente forma. Possono risultare completamente fuori fase, quasi inutili. Categoria in crescita numerica.
Il Manager Rotondo. La forma perfetta per definizione dà loro la capacità di partire avvantaggiati. Corrisponde alla descrizione “ha una visone a 360 gradi”, piuttosto ritrita ma indicativa di una bella visione complessiva della situazione. Gli ingranaggi fondamentali alla base di tutti i congegni funzionanti hanno questa forma, in più i dentini assicurano le giuste trasmissioni. La sfericità consente anche uno spostamento rapido, in caso di cambi improvvisi di scena. Una loro debolezza può essere rappresentata da una eccessiva ponderazione delle variabili in gioco, vista la tendenza a fare valutazioni assennate. Genere di specie non più tanto diffuso, considerato un po’ demodé, ma molto ricercato dalle organizzazioni eccellenti.
In questo momento storico, sento lo stridore degli angoli cozzare uno contro l’altro, triangoli contro quadrati con un effetto scenico di scintille dappertutto. C’è troppo attivismo, troppo fervore agonistico. Sembra vincere chi la dice più grossa, chi dichiara obiettivi oggettivamente irraggiungibili, chi si vuole mettere in mostra come il più bravo a reagire. Meno male che, disseminati nei posti chiave e un po’ nell’ombra, si incontrano i Manager Rotondi. Veri calmieratori di una frenesia eccessiva e custodi della memoria.
Saranno loro che indicheranno con fermezza, serietà e senza clamore il vero Piano per far ripartire le aziende. Non solo riaccendere fatturati e il mulino dei numeri. Sapranno soprattutto parlare alle persone, motivandole e rendendole partecipi di una reale nuova fase, la loro. Magari per niente mirabolante all’inizio, ma solida e duratura nel tempo.