di ARIO GERVASUTTI – Com’era facile prevedere, stanno perdendo la testa. Parliamo di loro, di chi gestisce i social in caduta libera dopo la scelta suicida di entrare nell’agone politico buttando fuori dalla porta l’impresentabile Trump. Stavolta la notizia ce l’abbiamo – per così dire – in casa.
Accade questo. Un assessore veneto di Fratelli d’Italia, Elena Donazzan, partecipa incautamente a quel trappolone radiofonico della “Zanzara”, calderone dove tra goliardia e battute si prendono in giro politici e personaggi pubblici. Si parla di canzoni e i conduttori chiedono ridendo alla Donazzan, politico notoriamente di destra: «Tra “Bella ciao” e “Faccetta nera”, quale preferisce?». L’assessore, anziché rispondere “Acqua azzurra, acqua chiara”, spiega: «Avevo uno zio che faceva parte delle milizie di Mussolini, ricordo che da bambina mi avevano insegnato “Faccetta nera”. La preferisco, “Bella ciao” piacerà alla Boldrini…». E alla richiesta di intonarla, non si fa pregare con le prime strofe: «Faccetta neraaa, bell’abissinaaa, aspetta e spera che già l’ora si avvicinaaa…».
Apriti cielo. Richieste di dimissioni, denunce, insulti e chi più ne ha più ne metta. Il tutto, giova ripeterlo e tenerlo a mente perché è un dettaglio tutt’altro che marginale, per qualcosa avvenuto in una trasmissione radiofonica.
Veniamo al dunque. Sui social, ieri, i post che riportavano la vicenda sono stati invasi dalla solita canea dei pro e dei contro: da una parte chi sosteneva che l’assessora ha fatto bene, dall’altra chi sosteneva che ha sbagliato. Il punto, però, non è questo. Il punto è che una larga parte di questi interventi conteneva insulti, aggressioni verbali violentissime, esplicite minacce. E che cos’ha fatto la Donazzan? Ha fatto lo screenshot (in italiano: ha fotografato) le minacce e ne ha postate alcune sulla sua pagina Facebook, tra le tante quella di tale “Luke Dreed” che scrive: «Qualcuno abbiamo dimenticato di appenderlo». Sotto, il commento della Donazzan: «I benpensanti della sinistra mi vogliono “appesa”, in Italia il politicamente corretto viaggia in un’unica direzione». E che cos’ha fatto Facebook? Ha oscurato i social della Donazzan. Quello del sedicente Luke Dreed è comodamente al suo posto insieme a quelli di tutti gli altri insultatori.
Ricapitolando: la Donazzan non ha postato sui social alcunché di apologetico del fascismo. Semmai la bischerata l’ha fatta alla radio e non ha violato alcuna “policy” dei social: questa spiegazione stavolta non regge. Ha postato sulla sua pagina facebook alcuni messaggi in cui qualcuno evoca la sua impiccagione. E il risultato è che i social oscurano i profili dell’assessore.
A scapito dei non udenti: qui non si sta affrontando il tema dell’opportunità o meno di cantare canzoni fasciste alla radio. Diamo per scontato che è sbagliato e esecrabile. Ma che c’entra Twitter? Che c’entra Facebook? A che titolo intervengono per oscurare la suddetta per qualcosa che palesemente è avvenuto alla radio, e non su un social? E come mai non intervengono per oscurare chi auspica l’impiccagione di una persona, questo sì spiattellato su Facebook?
Chi non riesce a comprendere che i social si sono infilati in un vortice che li travolgerà, è talmente annebbiato dal proprio pregiudizio politico da non riuscire a vedere l’ovvio. Gli si indica la luna, e guarda ostinatamente il dito. Non è, non è mai stata, questione di destra o sinistra, di Guelfi o Ghibellini, di Orazi o Curiazi, di Repubblicani o Monarchici, di fascisti o comunisti, di Trump o Biden: è questione di educazione e di equilibrio, di rispetto e libertà. Di logica. Per la radio, anche. Ma soprattutto per quelli che – una volta – si chiamavano social.