IL DRAMMA NON E’ CHE CALANO GLI STUDENTI, IL DRAMMA E’ LA SCUOLA

L’anno prossimo, secondo le proiezioni più attendibili, nelle scuole italiane ci saranno 130.000 studenti in meno. La cosa potrebbe avere serie ripercussioni, di vario genere: ad esempio, la contrazione delle classi potrebbe influire sull’occupazione. Oppure, gli studenti potrebbero essere distribuiti con criteri meno da polli in batteria. Nel bene e nel male, dunque.

Volete sapere il mio commento, dopo quarant’anni che mi consumo gomiti e polmoni su di una cattedra? Il mio unico e definitivo commento è: chissenefrega! Decenni e decenni di incompetenza, malafede, fanatismo e ottusità hanno ridotto la scuola a essere tutto fuorchè un istituto educativo: hanno costretto gli insegnanti a essere assistenti sociali, psicologi, mediatori culturali, anziché figure esemplari nella trasmissione di civiltà e cultura. Mentre la scuola è divenuta area di parcheggio, soluzione alla disoccupazione, rifugio per i disagiati e i fannulloni della Nazione.

E, nonostante tutto deponga contro questo sistema didattico, i mastri pensatori insistono, accelerano, lungo la china catastrofica del didatticismo, dell’inclusione, del facilismo. Dunque, la scuola perde pezzi, colpi e numeri? Lo ripeto: chissenefrega! Anzi: tanto peggio, tanto meglio! Si arriverà a un collasso che, inevitabilmente, costringerà la gente a prendere atto del disastro e, quindi, a domandarsi: come diavolo abbiamo fatto a conciarci così?

A colpi di Fioroni e di Gelmini, di Berlinguer e di Fedeli, senza dimenticare i loro lacché, i loro manutengoli, gli espertoni, la scuola ha abbandonato ogni credibilità, ogni funzione educativa, ogni capacità di preparare tecnici, dirigenti, bravi cittadini, intellettuali. Ben venga, dunque, l’abbandono: sia benvenuta la desertificazione e si innalzino peana alla nemesi implacabile. Più la scuola s’impantana in webinar fasulli, in patetiche parodie di alternanza scuola-lavoro, in vuote celebrazioni di cui non frega niente a nessuno, e più i ragazzi se ne allontaneranno: diventeremo un Paese di analfabeti ciondolanti tra un call-center e la cassa di un supermercato.

Saper leggere un libro (magari capirlo), biascicare due parole in una lingua straniera, fare due conticini a mente, diventerà privilegio di pochi. Il resto sarà massa bovina, cieco armento. Bene così: io so leggere, scrivere e far di conto e sarò il proverbiale monoculus in regno caecorum. Si preannunciano anni gravidi di soddisfazioni, dopo aver trangugiato atrabile per tanto tempo: muoia Sansone con tutti i Filistei…

Un pensiero su “IL DRAMMA NON E’ CHE CALANO GLI STUDENTI, IL DRAMMA E’ LA SCUOLA

  1. Cristina Dongiovanni dice:

    Non ho nessuna voglia di spezzare una lancia in favore della scuola italiana perché quasi quotidianamente ormai le mie viscere ci fanno i conti e altro che atrabile. Ma una cosa la voglio dire. La scorsa settimana ho assistito (non preso parte, ormai non proferisco più parola, è completamente inutile) ad una delle solite riunioni didattiche fatte per protocollo. L’insegnante lamentava una forte disattenzione degli studenti. Il suo era un atteggiamento al limite della depressione, sfinito, il mio guardandola era empatico ma dentro come sempre ribollivo. Avevo davanti a me una “maestra” inerme, sconsolata e presa da una passività preoccupante. Ad un certo punto un genitore ha pronunciato la frase chiave, quella che ti spezza le gambe della fiducia e ti fa venire veramente voglia non di prendere la porta e uscire, ma di prendere il primo aereo e fuggire lontano lontano…”Ma i ragazzi non sono più quelli di una volta!”. E’ successo che la maestra si è girata verso quel papà e confortata gli ha risposto “Ha proprio ragione, noi eravamo diversi”. Eh già caro Cimmino, noi crediamo che i ragazzi siano rimasti gli stessi, e invece sa che sono cambiati? Prima, negli anni ’60, ’70, ’80, avevano molta più voglia di studiare! Mi viene da piangere. Ecco come si pone la generazione che deve trasmettere di fronte a quella che deve ricevere, insegnati e genitori tutti. Questa scuola di specialisti sta facendo molto molto fumo, quello che aleggia nelle classi (a parte qualche felice eccezione) è una serie numerosa di principi e costruzioni didattiche che non solo non riescono a creare il corretto rapporto insegnante-studente, ma sciupano e obnubilano la scienza e la coscienza dell’insegnante e di conseguenza le possibilità di questo “nuovissimo” studente del terzo millennio. E chi si fa complice di “perfezionare” la caduta ideologica ed intellettuale della scuola? Le famiglie, si proprio loro, quelle di cui ormai tutti gli insegnanti hanno paura. In questo giochetto dove stanno i legislatori, il Ministero? A Roma, come sempre.

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