IL DOVERE DI CHIEDERE SCUSA A BERTOLASO

di CRISTIANO GATTI – Certo non è facile: per tanti di noi si tratta di riconoscere un merito a un avversario, cosa ormai proibita dalle nostre appartenenze fanatiche e dai nostri pregiudizi faziosi. Eppure bisognerebbe sempre riservarsi una zona franca, anche piccola, in cui lasciar correre libera e leggera la nostra intelligenza.

Sinceramente, Bertolaso merita una di queste sgroppate in libertà del nostro ragionare. Riconosciamolo lealmente: soltanto tre mesi fa, quando annunciò al mondo intero che entro fine giugno tutti i lombardi sarebbero risultati vaccinati, il Paese reale si piegò in due dal ridere. Soprattutto in Lombardia, dove il consulente chiamato dalla Regione aveva cominciato a lavorare in uno scenario imbarazzante e fallimentare, tra disfunzioni, disguidi, inefficienze e tanta, tanta, tanta incompetenza.

Va bene, abbiamo riso di gusto (amarissimo), ma adesso è il momento di fare le persone serie e riconoscere il miracolo di Bertolaso. Doverosamente. Anche se lui è in quota di qualcuno che magari non sta dalla parte giusta.

Certo sono già in tanti a dire che il primato della Lombardia nelle vaccinazioni, con una rimonta che equivale più o meno all’idea del Crotone qualificato per la Champions, non sia merito di Bertolaso, ma di un sacco d’altre faccende. Questo però è un giochino stupido e infantile: se all’inizio era colpa sua, tanto da ridergli in faccia, adesso il merito è suo. E se adesso non è merito suo, allora diciamo pure che allora non era colpa sua. Non sta in piedi che Bertolaso c’entri quando c’è il disastro e sia estraneo quando si trionfa.

D’altra parte, il comodo tiro al piccione è il vero sport nazionale, prima ancora del calcio e del ciclismo. Soprattutto in politica. Ma qui siamo davanti a un funzionario che insieme ovviamente all’assessorato della Moratti è arrivato al punto di vaccinare i ragazzini dal 2 giugno. Per una volta, non sono chiacchiere: sono fatti e numeri. E allora perchè una buona volta non riconoscere che qualcosa e qualcuno hanno funzionato benissimo, contro ogni previsione, in modo sorprendente, segno tra l’altro inconfutabile che persino in Italia fare le cose per bene è possibile? Perchè non concederci questo gusto, questo sollievo, questa consolazione?

Ovviamente Bertolaso resta la persona che è, non si tratta di beatificarlo in tutto e per tutto, a scatola chiusa. A me per esempio continua a non piacere quando si presta al gioco del pavone, presentandosi nelle conferenze stampa a ruota aperta per vendere i suo i successi: continuo a preferirlo come l’ho conosciuto direttamente in tante tragedie nazionali, terremoti e alluvioni, quando si muoveva in silenzio, quasi trasparente, sullo sfondo, ma la sua bravura e la sua dedizione apparivano tranquillamente in modo spontaneo, luce nel buio di giorni tremendi.

Non mi piace neppure che si faccia tirare la giacca e corteggiare nella folle corsa delle candidature politiche, evidente concessione alla vanità personale di cui secondo me non ha alcun bisogno.

Ma detto questo, da lombardo che rise con tanta rabbia quando in pieno marasma lui lanciò il proclama della vaccinazione totale entro giugno, adesso sono qui a riconoscergli stravolentieri i meriti del successo. E pure a dirgli grazie.

Se poi qualcuno pensa che questo sia solo un puerile atto di buonismo, del buonismo conformista di questa epoca ruffiana, me ne faccio una ragione: io lo sento semplicemente come un semplice e doveroso atto di giustizia. Alla malora chi non se lo può permettere.

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