IL DERBY DI SUPERCOPPA A RIAD, LUCI A SAN SIRO TUTTE DA RIDERE

Mancini ci aveva evitato il Qatar, però Inzaghi e Pioli sono a Ryad, sempre roba di burqa e kandura, paese ad alto tasso di democrazia e libertà civili e affini.

La Lega calcio, in sintonia con la Liga di Spagna, ha scelto l’Arabia Saudita per assegnare la Supercoppa, trofeo riservato a chi vince lo scudetto e chi la coppa Italia. Pecunia non olet, diceva Vespasiano accennando alla tassa sulle urine delle latrine da lui inventate e che portano appunto il suo nome. Stavolta i vespasiani sauditi hanno il profumo degli euro e trattasi di milioni che, visto lo stato delle casse delle due milanesi, come delle altre, assumono un valore colossale.

A conforto dello stato dell’essere del nostro calcio va segnalata una garbata frase di Aurelio De Laurentiis che ha illustrato i colleghi della Lega di serie A come “morti di fame”. La premessa è importante come amuse bouche di una trasferta nella terra che ha fatto più ricco dell’impossibile Cristiano Ronaldo: Inter e Milan si giocano la coppa ma cercano contratti, perché questo è il fine, non certo quello spacciato da Infantino a Doha come opera di evangelizzazione.

Sarà opportuno, per gli atleti delle due compagini, evitare segni della croce e riti cristiani, laggiù la sensibilità religiosa non concede esibizioni, già gli abbracci e i baci dopo un gol si prestano a diverse interpretazioni.

Si gioca per una sera, lontano dalle cose nostrane, però, per non farci perdere le cattive abitudini, alla trasferta partecipano arbitro e assistenti italiani. Presumo ricchi premi e cotillons, in questo gli emiri sono imbattibili, sono sovrani seri, dinastie rigorose. Non risultano tipi alla Harry.

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