IL CORAGGIO DI SCHWAZER CHE RIDICOLIZZA GLI INNOCENTISTI

Le due verità suonano ancora come un unico inganno, lasciando poco spazio all’umana comprensione e al riscatto. La storia di Alex Schwazer, campione olimpico della 50 km di marcia alle Olimpiadi di Pechino nel 2008, a un certo punto si è trasformata in un inseguirsi di menzogne e sotterfugi, abbagli e dubbi che dunque ora l’ex atleta scioglie attraverso un libro, “Dopo il traguardo” (Feltrinelli), in cui confessa tutto.

Non solo si dopava eccome, come del resto aveva già rivelato in una sconcertante diretta televisiva, ma arriva a definirsi tossico perché di quella categoria perduta aveva tutti i difetti e le abitudini: nascondersi, raccontare bugie, smarrirsi per ritrovarsi intrappolato tra le lenzuola dei suoi fantasmi.

Di quella leggenda olimpica non resta più niente: Alex ha lasciato per strada la sua credibilità di uomo e di atleta, perché questo dettagliato outing è un rilancio di quella spoliazione televisiva, vincolato alle percentuali da autore. Era stato prosciolto una prima volta dalle accuse di doping, salvo poi venire escluso da Tokio 2020. Aveva già perso nel frattempo la fidanzata Carolina Kostner (“con la quale dividevamo la stessa solitudine”), tradita in prima fila, oltre al rispetto del suo mondo. Lacrime a fiumi, l’habitat dei coccodrilli.

Oggi la sincerità di Schwazer è cruda, disarmante. Disorienta ancor più della storia stessa: “Quando ho deciso di doparmi nel 2012 pensai che fosse meglio arrivare 5° alle Olimpiadi da drogato anziché vincerle da pulito come 4 anni prima”. Era convinto che si dopassero tutti, in gara pensava agli avversari piuttosto che alla sua corsa, preparata a dosi e prescrizioni più che con l’allenamento. Con il cervello e i muscoli in pappa, come sempre accade in questi casi, la marcia lo ha portato dritto sotto al traguardo della depressione e fu quello il momento in cui decise di alleggerire per la prima volta la coscienza, nonostante gli venisse caldamente suggerito di non farlo, di non confessare: “Ero finito in un labirinto immenso e apparentemente senza via d’uscita, in cui avevo perso tutto, anche la dignità”.

L’assoluzione giuridica – solo giuridica, però strumentalizzata dalla grancassa per eleggerlo martire e perseguitato, vittima di montature e complotti -, quindi il divieto dei Giochi del 2020 gli hanno “fatto chiudere i conti con il passato”, che ora dissotterra con questo libro “dove non troverete inchiesta, ma solo la mia vita”. Una vita in cui si è sotterrato da solo, spazzato via dalla ribalta e condannato alle punte degli indici di tutti.

Restano il perdono cristiano per chi ci crede o quello del cuore per chi non può scagliare la prima pietra. Purché sia finita la storiella innocentista del povero martire innocente, vittima di congiure.

Forse non interessano ad Alex, ora, le frustate altrui: si è giudicato da solo e si è inflitto la sua pena, infierire non ha senso. Gli auguro una resurrezione a nuova vita, convinto come sono che anche il buio degli altri può sempre aiutare a ritrovare una luce nostra. Basta pesare e imparare, perché capire non serve a nulla.

Un pensiero su “IL CORAGGIO DI SCHWAZER CHE RIDICOLIZZA GLI INNOCENTISTI

  1. Fiorenzo Alessi dice:

    Egr. Luca Serafini,
    dire “È arrivato al traguardo “ non ha sempre un significato strettamente agonistico, e forse encomiabile.
    Se non erro , parlando non di un atleta d’eccellenza ma di un imprenditore, o magari di un dopato che stragiura che il doping non esiste ne’ sa cosa sia , è un po’ come dire “È arrivato alla frutta”.
    Non è proprio edificante.
    Ora, come scrive nel “suo” libro confessorio il buon Alex Schwazer, è addirittura “Dopo il traguardo” .
    Ho , anzi ha, già detto tutto.
    Cordialmente.
    Fiorenzo Alessi

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