Claudio Ranieri – Roma: atto terzo.
Tra Sir Claudio e il club capitolino è un amore eterno. Come quelle coppiette che si lasciano e si rimettono insieme a vita, tra tira e molla eterni, dove il terzo incomodo di turno assume le sembianze della classica ruota di scorta.
La scelta della proprietà americana di affidarsi a Ranieri è di sicuro la più saggia; io stesso, persino io che non c’entro con la Roma, dopo la tremenda sconfitta a Firenze per 5-1, dissi che l’unico che avrebbe potuto ricompattare un ambiente depresso e a pezzi era proprio l’ex Cagliari. Ma bisogna ammettere che è anche la scelta più opportunista e strategica, atta a placare una folla inferocita.
I Friedkin, nell’ultimo anno, si sono resi protagonisti di una escalation di scelte alquanto discutibili. Mandano via José Mourinho, considerato dai romanisti un mezzo Dio. O un nDio completo. Fu una decisione a mio avviso corretta e condivisibile, considerata la classifica e dei risultati non in linea con uno che si fa ancora chiamare ‘Special One’. Il popolo insorse e i Friedkin decisero di affidare la panchina al signor Daniele De Rossi, di anni 40 (oggi 41), all’attivo una sola esperienza da allenatore in Serie B a Ferrara, con la Spal, terminata con un esonero.
Inizialmente doveva essere un traghettatore, ma fece talmente bene da guadagnarsi la conferma e un bel contratto triennale. Nuova stagione, mercato da circa 90 milioni e si parte col nuovo progetto.
L’inizio della stagione 2024/25 è però deludente e i Friedkin decidono clamorosamente di esonerare De Rossi dopo sole quattro partite, alla faccia del rinnovo offerto e firmato pochi mesi prima. Il popolo, come accadde con l’esilio di Mourinho, insorse nuovamente e la proprietà americana decise di affidarsi a Ivan Juric, tecnico dalla buona esperienza ma dalla personalità fumantina. Non proprio il massimo per un ambiente che appariva spaccato al suo interno. E infatti, un autentico disastro: risultati pessimi, scontri nello spogliatoio con tanto di lancio di bottigliette ed esclusioni rumorose. Tra tutti quelli che potevano prendere hanno preso l’unico che, anziché unire, divide.
Si arriva ad oggi e, direttamente dagli studi di Uomini e Donne, parte il cast per il nuovo allenatore: da Terzic a Ten Hag, da Allegri a Montella, passando per Paulo Sousa e Mancini. Profili ambiziosi e altri low cost, uniti da un unico obiettivo: vincere da subito, risollevando un morale sprofondato negli abissi del Colosseo. Come’era facilmente prevedibile, si trattava di una responsabilità troppo grande. Da qui sono arrivati i primi no e i Friedkin decidono di chiamare l’unico uomo che non avrebbe mai declinato l’offerta, quel Ranieri romano e romanista, che mesi fa annunciò il ritiro lasciando una porticina aperta soltanto per la Roma e per le Nazionali.
Ma anche qui si è trattato di una mossa per calmare la piazza: un De Rossi 2.0 che ha lo scopo di tenere buoni i tifosi e cercare di arrivare a fine stagione salvando il salvabile. Ripeto, è la scelta più saggia, ma prima o poi i Friedkin dovranno spiegare quali siano le loro intenzioni, perché fino ad oggi hanno mostrato enormi capacità solo ed esclusivamente nel sacrificare leggende giallorosse.