Tutto può darsi. E beato chi davvero se la cava a questo modo, magari compiacendosi davanti allo specchio, a me non la racconta nessuno.
Ma tutti gli altri, quelli che si fermano a quanto risulta dagli unici eventi in qualche modo documentati, stavolta non possono accettare niente di tutto questo: chiacchiere a vuoto, versioni deformate, verità personalizzate.
Non esiste guerra, non esiste simpatia e appartenenza, non esiste niente che possa giustificare il bombardamento di un ospedale pediatrico. Mai, in nessun caso, da nessuna parte.
Questo è, questo resta, di una giornata infame, la più buia da quando la stupida invasione è cominciata. Bombe sugli innocenti, il punto più basso e più abominevole che possano raggiungere gli uomini. Soprattutto se sono grandi della terra. Un ospedale pediatrico non deve nemmeno stare sulle carte geografiche delle manovre militari. Deve essere una zona bianca, una zona franca, una zona sacra. Invece siamo qui ad aspettare di sapere quante mamme e quanti bambini sono rimasti là sotto.
Se davvero esiste un tribunale della storia che giudichi le efferatezze delle guerre, questo tribunale deve mettere l’ospedale pediatrico di Mariupol al primo posto della prima udienza.
Nell’attesa, il tribunale morale dell’umanità – se ancora funziona – deve già tirare le sue conclusioni. La vergogna di Mariupol resta incancellabile. E se qualcuno riesce ancora a trovare giustificazioni plausibili, se qualcuno ha ancora forza per ripartire con ma, se, però, è arrivata l’ora che se ne vada al diavolo. Senza se e senza ma. Con Satana magari riuscirà a capirsi al volo.